«Il pilota è stato in cura
per tendenze suicide»

Andreas Lubitz responsabile della morte di 150 persone, prima di diventare

pilota, si era sottoposto a un trattamento psichiatrico per tendenze suicide

Andreas Lubitz, prima di diventare pilota, si era sottoposto a un trattamento psichiatrico per tendenze suicide. La procura di Duesseldorf ha reso noto un tassello fondamentale per la ricostruzione del profilo del giovane copilota, responsabile del disastro aereo di Germanwings. Ma gli inquirenti hanno anche precisato che i medici che successivamente gli hanno dato il via libera per ottenere l’idoneità di volo non avevano riscontrato alcun problema nelle condizioni fisiche e psichiche del giovane di Montabaur che aveva il sogno di volare.

Il precedente specifico del responsabile di un “suicidio allargato” che ha avuto un bilancio di 150 vittime pone nuovi inquietanti quesiti. Com’è possibile che, con una storia clinica del genere, si possa arrivare a guidare un aereo, assumendo la responsabilità, oltre che della propria, delle vite degli altri? Secondo un esperto tedesco della materia, il giurista Elmar Giemulla, legale per il traffico aereo, nessun medico avrebbe rilasciato un’idoneità di volo a un candidato con un precedente simile. “Io do per scontato che Lufthansa e chi ha rilasciato quei certificati non ne fosse a conoscenza”, ha detto all’ANSA. Mentre è immaginabile che il ragazzo, che voleva a tutti i costi diventare pilota, abbia tenuto nascosto il suo passato.

Intanto l’Aeromedical Center della Lufthansa di Monaco, che ha rilasciato i certificati utili per Lubitz a ottenere l’idoneità valida attualmente, rifiuta di parlare con la stampa. Anche solo delle regole generali. Diversamente dalla compagnia, che limita il suo silenzio stampa al caso specifico a tutela dei dati personali del suo ex dipendente. Se la notizia di ieri sembra rivelare sempre più chiaramente una lacuna del sistema - uno spazio in cui un pilota è riuscito a nascondere il suo passato medico - il conto delle richieste di risarcimento, cui è esposta la compagnia di bandiera tedesca, è comunque limitato da alcune circostanze giuridiche che la tutelano. Innanzitutto, “Lufthansa è assicurata, e dunque non viene toccata direttamente per il disastro”, spiega ancora Giemulla. In secondo luogo, il diritto tedesco “non riconosce i danni morali, e dunque con l’eventuale grado di responsabilità della compagnia non sale anche il conto dei danni”.

“Prima di iniziare la carriera professionale di pilota - ha detto oggi il portavoce della procura di Duesseldorf di Lubitz - era stato classificato come a rischio suicidio ed era per questo in terapia. Il trattamento psicoterapeutico era stato comunque concluso prima dell’inizio del percorso che lo ha portato alla licenza di volo professionale”. Dai documenti relativi alle ultime visite mediche, ha aggiunto, non è emerso “né un istinto suicida, né il fatto che potesse essere un pericolo per gli altri”. Inoltre, allo stato attuale delle indagini, ha sottolineato ancora il portavoce, “non sono nemmeno emerse prove di una malattia organica”.

Diversamente dall’opinione pubblica, che ha sviscerato il caso che continua ad essere in primo piano sui media tedeschi, gli investigatori, al momento, non hanno ancora trovato elementi utili a indicare un movente specifico per il suo gesto. Intanto il volto stempiato del ragazzo che si sarebbe chiuso nel cockpit per far schiantare un aereo contro una montagna, restando insensibile ai richiami disperati del suo comandante e alle urla dei passeggeri, è tornato ieri a sorridere in un video, circolato on line, in cui lo si vede volare su uno di quei modellini di aerei ultraleggeri con cui aveva già sorvolato anche le Alpi francesi.

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