Inverigo, la protesta: «I lavori sul Lambro ci portano via tutto»

L’accusa dei residenti della zona di via Cattafame. «Sistemeranno gli argini espropriando i terreni, c’è anche chi rischia di perdere il proprio lavoro»

Quell’opera dovrebbe garantire maggior sicurezza alle abitazioni in riva al Lambro. Ma chi ci abita, in quelle case, per ora a causa di quegli alti argini che dovranno essere realizzati ha perso il sonno. Perché, l’accusa dei residenti, perderanno la loro terra, il valore delle proprie abitazioni, la tranquillità. Perderanno tutto: persino il posto di lavoro nel caso del giardiniere che dovrà dire addio alla propria serra.

Un vero e proprio fulmine a ciel sereno quello che si è abbattuto in via Cattafame, perché gli abitanti, una quindicina di famiglie in tutto, non sapevano nulla delle opere che verranno realizzate a breve per gli interventi idraulici e di riqualificazione fluviale a Inverigo, Nibionno e Veduggio con Colzano, nell’ambito del Contratto di fiume. L’hanno scoperto, dicono, sono nei giorni scorsi, ma ormai è tardi, e non è rimasto loro che rivolgersi in fretta e furia a un legale, anche perché il cantiere potrebbe prendere il via da gennaio.

Qualche settimana fa sull’albo pretorio del Parco Valle Lambro era comparso l’avviso dell’avvio del procedimento di esproprio delle aree che riguarderanno l’area di laminazione nei Comuni interessati, invitando chi avesse proprietà lungo il fiume Lambro a Inverigo e Nibionno a informarsi, perché c’è tempo solo fino al 22 dicembre per presentare eventuali osservazioni. Tanto che a cercare di informare la popolazione avevano pensato le associazioni L’Orrido e Le Contrade, che da tempo puntano il dito contro il rischio di utilizzare ingenti risorse pubbliche per un’opera di utilità minima e con un forte impatto. Opera che in concreto sarà un ponte ciclopedonale a valle di quello storico di Fornacetta, con paratoie da alzare e abbassare per regolare le acque, con effetto diga, del costo di un milione di euro. Ma non solo.

Nella zona della cascina Cattafame, infatti, arriverà un lungo tratto di argine altro 3,5 metri per 16 di larghezza, che porterà via migliaia di metri quadrati di terra affacciata sul fiume di proprietà delle famiglie residenti. Che però non ci stanno. «Mio padre ha 84 anni – racconta Eliseo Airoldi – e non ha mai visto uscire il Lambro a casa nostra. Queste sono opere realizzate per mettere al sicuro Monza senza pensare a noi». Francesco Longo rischia persino di trovarsi senza lavoro, visto che anche la sua serra ricade nella zona espropriata, così come gli animali allevati da Raffaele Mamone. «Ci resterà una parte di terreno inservibile – dicono – sulla quale però dovremo continuare a pagare le tasse e che dovremo mantenere pulita, anche se diventerà impossibile raggiungerla. E i nostri immobili, se mai volessimo venderli, saranno svalutati».

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