Sette comaschi bloccati dal colpo di Stato

Volontari lariani sorpresi dai violenti scontri in Burkina Faso: «Stiamo bene»

Como

«Abbiamo visto barricate, cortei e qualche incendio. La polizia si è rifiutata di sparare contro la gente in piazza. La situazione è tesa, ma noi siamo al sicuro». Olivia Molteni Piro prova a rassicurare tutti, al telefono dal Sud del Burkina Faso, dove un colpo di Stato ha gettato nel caos il Paese africano, governato dal 1987 da Blaise Compaoré, presidente anche lui salito al poter in seguito a un golpe all’attentato che costò la vita a Thomas Sankarà, figura amatissima in Burkina.

Olivia Piro e altri sei comaschi sono di fatto bloccati in Burkina. I confini sono stati chiusi, i voli aerei cancellati e nella capitale Ouagadougou ci sono violenti scontri, incendi, barricate.

«Stiamo tutti bene e non corriamo pericoli», fa sapere Olivia Molteni Piro, 63 anni, parlando da una stanza d’albergo a Banfora, nel Sud del Paese africano, dove il gruppo di sette volontari comaschi - tra loro anche una coppia in attesa di un’adozione proprio dal Burkina Faso - si è rifugiato, per sfuggire alla rivolta e a violenti disordini verificatesi in questi giorni nella capitale, dove migliaia di persone sono scese in piazza contro la modifica alla legge elettorale che avrebbe consentito l’ennesima rielezione di Compaoré.

Olivia Piro il Burkina Faso lo ha nel cuore. E la scorsa settimana era partita alla volta della “sua” Africa come fa ogni anno per verificare l’andamento dei progetti di cooperazione che l’associazione di cui fa parte, Kibarè Onlus, sta finanziando in questo poverissimo paese dell’Africa. (Qui sotto un documentario dedicato a uno progetti che Olivia Piro ha seguito)

Il Governo ieri è stato sciolto ed è decretato lo stato di emergenza. «Nella capitale è un disastro - racconta la Piro - ma voglio rassicurare le famiglie delle persone che sono con me che siamo al sicuro. Dopo i disordini di martedì l’altro ieri ci siamo spostati dalla capitale al Sud pensando che la situazione fosse più tranquilla ed infatti a Banfora è così. Non sappiamo per ora quando riusciremo a tornare, cosa faremo. Per motivi di sicurezza ci hanno detto di rimanere fermi qui al Sud. Siamo chiusi in un albergo per prudenza ma ribadisco che stiamo bene, non siamo in pericolo».

Olivia Piro da oltre 25 anni è attiva nella cooperazione internazionale. È partita la scorsa settimana per il Burkina Faso con il gruppo di volontari comaschi per verificare l’andamento del progetto Caleidoscopio, ovvero la realizzazione di una scuola per bambini portatori di disabilità finanziato dall’Associazione Kibarè.

Il Burkina Faso è uno degli Stati più poveri del mondo. Tra il 1983 e il 1987, però, quello che era l’Alto Volta non cambiò solo nome in quello attuale - il cui significato è “Paese degli uomini integri” - ma imboccò anche una strada di rinascita grazie al suo presidente, Thomas Sankarà.Salito al potere Sankarà impose a tutti i politici e a se stesso un livello di vita spartano: «Non possiamo essere la classe dirigente ricca in un Paese povero», diceva. Si battè per rendere obbligatoria e fruibile a tutti l’educazione, in uno Stato dove - agli inizi degli anni Ottanta - il tasso di alfabetizzazione era soltanto del 2%.

«È inammissibile - sosteneva - che ci siano uomini proprietari di quindici ville, quando a cinque chilometri da Ouagadougou la gente non ha i soldi nemmeno per una confezione di nivachina contro la malaria». Posizioni, le sue, che convinsero i pochi ricchi in affari con le multinazionali estere a intervenire. Nel 1987 Sankarà viene ucciso in un attentato e della sua morte si sospettò proprio Blaise Compaorè, diventato poi presidente.

Ora il Paese è ben oltre l’orlo dello Stato civile. La popolazione si è rivoltata e il destino di Compaorè è segnato. La speranza, però, è che i disordini di questi giorni cessino. Così da consentire ai sette comaschi bloccati in Burkina di far rientro in Italia.

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