Cultura e Spettacoli
Lunedì 14 Settembre 2009
Joseph di Pasquale: "La mia eco-città
tra leggende cinesi e ricordi del lago"
Il progettista comasco della città di Jingwu:
"Così si crea un centro storico da 75 mila persone"
Ma da dove si comincia a progettare una città? «Intanto non si parte mai dal niente assoluto, ci sono elementi precisi - strade, confini, corsi d’acqua - che già sono una forma. In questo caso c’erano del laghi naturali, delle strade e parti parzialmente urbanizzate - spiega di Pasquale -Ma gli elementi di partenza sono anche di tipo culturale o simbolico. Per il nostro progetto il principale è costituito dall’asse verde che si sviluppa attraverso tutta la città e che al suo interno contiene un fiume artificiale. Ecco, questo fiume riveste una grande importanza per la gente del posto, perché una leggenda locale narra di due amanti divisi proprio da quel corso d’acqua. E noi sulle sponde abbiamo immaginato due edifici che si abbracciano e danno vita a un’unica struttura, la Diamond Mansion; in questo modo abbiamo interpretato l’identità culturale del luogo, rimodellandola in modo riconoscibile dalla gente che ci vive».
L’altro elemento identitario forte della città è la scuola di Kung fu: «Anche questa ci ha dato una spunto progettuale: otto torri, poste a guardia di questo asse portante verde, che hanno forme che richiamano i movimenti delle arti marziali, infatti le abbiamo chiamate Kung fu Tower. Poi ci sono spazi per la scuola e il parco del Kung fu. Dare forma a questi elementi direttamente collegati con il modo di sentire della gente del posto è stato un elemento decisivo nella loro scelta a nostro favore. D’altra parte la scelta di inserire elementi riconoscibili a livello culturale era strategica per far sì che l’alta densità abitativa della città non diventasse un fattore alienante».
Ma Jingwu avrà anche un’aria vagamente lariana: «La presenza dell’acqua, il fiume che diventa un lago e il lungolago: inevitabilmente questi elementi hanno richiamato in me ricordi di quando ero un bambino e mia nonna mi portava sul lungolago e mi mostrava le ville. Il rapporti tra il costruito e l’acqua, nel progetto, richiama direttamente la mia città: tanto è vero che quando sono stato in Cina, in luglio, il responsabile degli affari esteri della municipalità ha proposto - e in questa sede giro l’idea agli amministratori comaschi - un gemellaggio tra Como e la futura città di Jingwu». Nella scrittura di un testo architettonico ricco di tante suggestioni ha avuto un ruolo determinante anche la formazione cinematografica del progettista, che ha studiato regia e ci cimenta volentieri con la sintassi delle immagini in movimento. «Questo è stato fondamentale, la vocazione narrativa mi ha portato a prendere queste storie e a tradurle in un soggetto da raccontare non con una sceneggiatura ma con l’architettura. Anche in termini di rappresentazione del progetto, abbiamo realizzato un film che ci ha permesso di far pensare alla città come a una storia. Anche questo elemento probabilmente è stato determinante nella scelta del nostro progetto».
Dal punto di vista della filosofia architettonica, il progetto di Jingwu si basa sul concetto fondamentale di eco-densità. «È anche il titolo della mostra in corso a Milano. Un dato può spiegare efficacemente l’idea di fondo: in un tessuto urbano denso, quale può essere un centro storico, si generano 1,5 tonnellate di anidride carbnica per persona, contro le 16 tonnellate per persona prodotte in un tessuto più rarefatto. Densificare un territorio dal punto di vista abitativo consente di mitigare l’impatto ambientale: per esempio preservando altre porzioni dello stesso territorio - e questo è quello che interessa ai cinesi - ma anche per un risparmio economico ed energetico generale. Pensiamo solo a cosa siginifica poter fare la spesa a piedi, come avviene nei centri storici. Se tutti sono vicini serve meno energia, densità vuol dire anche più funzioni e relazioni. Pensiamo cosa siginifica poter fare la spesa a piedi, come avviene nei centri storici: questo concetto si deve applicare alle periferie ad alta densità». Nessun rischio di quartieri-alveare, assicura di Pasquale: anzi, la vivibilità ne trarrà giovamento. «Certo, se non densifico solo con abitazioni ma moltiplicando le funzioni, i rapporti sociali, i valori identitari. Pensiamo alla città medievale, densa, compatta, senza verde: ma non per questo disumana, anzi prototipo della città vivibile. L’uomo cerca istintivamente la prossimità dei suoi simili: pensiamo ai nostri quartieri periferici, con le villette annegate nel verde, poi chi vuole un po’ di vita corre in un centro commerciale. Trovo molto più alienante una periferia rarefatta divisa per zone stagne - qui si dorme, là si produce - che una densamente abitata ma con una molteplicità di funzioni integrate». il video
Barbara Faverio
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