Sanremo traduce Van De Sfroos
"Diventerò universale"

Il cantautore commenta l'ipotesi di "tradurre" il brano "Yanez" che porterà al Festival

COMO - È già stato al Teatro Ariston di Sanremo, e diverse volte. Ha già affrontato il pubblico, già sperimentato quel palco. Ma per Davide Van De Sfroos le porte aperte erano quelle del Premio Tenco, manifestazione concepita da Artistide Rambaldi (il papà anche del “vero” Festival) per contrastare la sua creatura che gli era sfuggita di mano per diventare troppo... pop. Ora, invece, Bernasconi è in gara per la 61ª kermesse.
Cosa si prova?
La cosa più paradossale è che sarà presentato da un grande artista come Gianni Morandi, che ha fatto anche tante cose “impegnate”, penso alla collaborazione con Dalla, ma non solo, che ci saranno personaggi come Vecchioni, Battiato, Giovanardi... Insomma, potrebbe essere il cast del Tenco!
ParLiamo di «Yanez»?
Sì. Dico che è “non sanremese” semplicemente perché si tratta di una canzone per il nuovo disco senza nessuna gara in mente. L'ho fatta ascoltare a Morandi assieme ad altre e lui ha scelto questa. Tra l'altro mi ha stupito perché conosceva tutto quello che ho fatto, amo pensare che il pezzo sia piaciuto al Morandi musicista prima che al presentatore.
E l'ipotesi di metterci i sottotitoli?
Non dipende da me, ma se renderà più universale possibile la canzone ben venga. Non mi sembra un testo difficile anche se è quasi totalmente in dialetto però non ci vedo niente di male.
Ma Yanez è quello di Salgari, quello dei romanzi, o quello tv, con il volto di Philippe Leroy?
Anche quello, ma, soprattutto, Yanez è un omaggio a mio padre, che non c'è più. Lui è cresciuto leggendo il Monello, il Vittorioso, Flash Gordon e i romanzi di Salgari. Quando, poi, è nata la versione tv ho subito pensato che lo Yanez di Leroy gli assomigliava anche fisicamente. Lui ne era conquistato. Gli ultimi anni della sua vita li ha vissuti a Cesenatico trasformandosi lui, uomo di lago, in lupo di mare. Mi piace immaginarlo ancora sulla barca, come Yanez sul “praho”. Nella canzone immagino lui, ma anche altri personaggi di quei racconti, attualizzati e trasferiti in riviera. Mi sembrava un bell'omaggio a papà, con un sorriso.
Qualche preoccupazione?
No, assolutamente: sono stato in galera, sette volte (a suonare, si intende, ndr), sono stato in miniera, non so quante volte sono stato in manicomio, ho suonato al Nord, a Sud, isole comprese, a New Orleans, Sanremo non mi spaventa. Scherzi a parte, vado a sperimentare com'è questa manifestazione che mi ha sempre affascinato, ci vado in quello che penso essere il momento giusto della mia maturazione artistica.
Alessio Brunialti

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