Creazione o evoluzione?
Dilemma senza conflitto

E' quanto ha sostenuto a Como il professor Fiorenzo Facchini, il maggior antropologo italiano e sacerdote. Lo abbiamo intervistato.

di Laura d’Incalci

Forse non tutti sanno che c’è una bella differenza fra Darwin e Darwinismo, fra la teoria scientifica sull’evoluzione della specie umana e lo scientismo che ne fa derivare una battaglia dichiarata alla religione. E a duecento anni dalla nascita del naturalista inglese che per primo considerò l’origine della vita come esito probabile di un lungo e lento processo di evoluzione, sembra forse giunto il momento propizio per una chiarificazione. La celebrazione del 2009 quale Anno Darwiniano appunto, a distanza di un secolo e mezzo dalla pubblicazione della fondamentale opera "On the origin of species", ha riacceso il dibattito su una contrapposizione che oggi alcuni studiosi ritengono fittizia, sostenuta dal pregiudizio ideologico più che da effettiva incompatibilità fra opposte tesi. Fiorenzo Facchini, uno dei più accreditati antropologi e paleontologi a livello internazionale (e sacerdote), intervenuto il 28 settembre a Como in biblioteca comunale per un incontro organizzato dal Gruppo di cultura «Ascolto», ha accettato la sfida di domande aperte proprio sulla dicotomia fra scienza e fede.
 
Professor Facchini, l’essere umano è dunque esito di evoluzione o di creazione?

L’uomo, come tutti gli esseri viventi e l’universo, è voluto da Dio. Ognuno con la sua storia e la sua evoluzione. Dio ha creato un mondo caratterizzato dal cambiamento e dalla possibilità di evolvere. L’uomo è stato preceduto e preparato da forme non umane. Quando c’è stato l’uomo è perché Dio ha voluto elevare con l’anima spirituale un essere vivente che era in grado di riceverla.

Non vi è dunque inconciliabilità fra il processo che suppone un graduale sviluppo da forme più semplici a forme via via complesse e l’ipotesi che il tutto sia generato dal Creatore?

No. Tutta la realtà è da riferirsi a Dio creatore, anche attraverso i cambiamenti che sono avvenuti. Dio agisce non miracolisticamente, ma attraverso le cause seconde e cioè i fattori della natura da lui voluta.

A 150 anni dall’uscita dell’opera di Darwin sulle origini della specie umana, il dissidio fra scienza e fede continua a suscitare interrogativi e ad alimentare un dibattito dai toni accesi... Quali i principali nodi di divergenza?

Possono sorgere quando non si rispetta l’autonomia delle scienza o non si accetta quello che la fede insegna nel suo campo specifico. Non si può far dire alla scienza quello che non può dire, ad esempio dimostrare che Dio esiste o che non esiste, oppure che l’anima c’è o non c’è. E neppure far dire alla Bibbia quello che essa non vuole dire, la storia della vita sulla terra. A ognuno vanno poste le domande che riguardano il rispettivo campo. La scienza sul quando, su come si sono formati i viventi, alla fede il significato della natura. I principali nodi riguardano il rapporto tra evoluzione e creazione, il finalismo dell’universo, la specificità dell’uomo.

Teilhard de Chardin aveva, già a metà del secolo scorso, sostenuto la conciliabilità fra teoria dell’evoluzione e creazione. E anche oggi alcuni considerano le scoperte di Darwin come «un dono alla religione e alla scienza»... Eppure preclusioni e distanze resistono

Alcuni, come Ayala, parlano di dono anche alla religione, oltre che alla scienza, perché la teoria dell’evoluzione ha stimolato a una interpretazione corretta della Bibbia e a cercare il senso della creazione. Le preclusioni che vi sono in alcuni darwinisti nascono non dalla scienza, ma da loro interpretazioni del dato scientifico. Le specie si sono evolute? Dunque non c’è bisogno della creazione e neppure di Dio, così alcuni sostengono. Una conclusione che non è della scienza, ma della visione di chi vuole autolimitarsi nelle sue conoscenze, una posizione ideologica.

Nella sua ricerca dedica particolare attenzione a quelle che lei definisce «attitudini o manifestazioni di tipo extra biologico», attinenti alla dimensione spirituale dell’essere umano. Come in questo ambito scienza e fede si possono incontrare?

Ritengo che il comportamento culturale non rientri nelle proprietà biologiche e neppure sia regolato da geni. La cultura, l’autocoscienza, la libertà possono ritenersi proprietà extrabiologiche, la cui natura può essere spiegata con la dimensione spirituale dell’uomo. Dal comportamento dell’uomo vengono domande a cui si può rispondere ragionandovi sopra e andando oltre i metodi della scienza empirica. Si entra nel campo della filosofia, una mediazione necessaria nel dialogo tra scienza e fede. Ma anche questo terreno richiede di essere sgombro da preclusioni ideologiche.

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