Quel fattaccio brutto a Barcellona

Il libro del giallista Marc Pastor, l'11 ottobre a Monticello, si ispira a un fatto vero

C’è una vampiressa che si aggira per le strade  di Barcellona, si chiama Enriqueta Martí Ripollès ed a raccontarne le orride gesta è Marc Pastor, lo scrittore spagnolo che l'11 ottobre presenta al festival di letteratura noir "La passione per il delitto" il suo ultimo romanzo, "La maledetta" (Giano edizioni, 234 pag., 16 euro). Pastor lavora alla polizia scientifica dei Mossos d’Esquadra di Barcellona ed è arrivato a questa professione dopo essersi laureato in criminologia e politica criminale. Basta questo per dire che il suo approdo al noir è naturale? Direi proprio di no. Lo scrittore Marc Pastor è assai più variegato anche se "La maledetta" è un noir dalle venature gotiche veramente notevole. Tutto nasce da un fatto veramente accaduto nella Barcellona dei primi del Novecento.
Perché è nata l’esigenza di scrivere «La maledetta»?
"La mala dona" in un certo senso è come una dichiarazione d’amore a Barcellona, la mia città, che amo con tutte le sue luci e le sue ombre, le virtù e i difetti. Un certo senso di inferiorità, ci spinge a metterne sempre in evidenza la parte più bella. Gaudí e il Modernismo sono un esempio di sovraesposizione positiva. Poiché il mio paese è un paese senza Stato, sembra che dobbiamo parlare solo delle cose buone, che parlare di quelle cattive sarebbe come darci la zappa sui piedi. Io penso che dovrebbe essere esattamente il contrario: un paese normale, una città senza complessi, deve rivendicare tutta la sua storia, quella buona e quella cattiva.  Non avevo mai sentito parlare della vampira di Carrer Ponent finché una sera, in un programma radiofonico, hanno raccontato la sua storia.  Una vampira nella mia città? Una vampira ai primi del Novecento? Volevo saperne di più e ho cominciato a fare ricerche sull’argomento. A quel tempo c’era poca informazione su libri e su Internet, ma le emeroteche erano piene di materiale. E allora ho cominciato a pensare di scrivere un romanzo su di lei (Enriqueta Martí , su cui la polizia indaga per la sparizione di otto bambini, figli di prostitute, ndr).
Chi cerca la verità tra gli orrori della “sua” Barcellona è l’ispettore di polizia Moisès Corvo. Si tratta di un personaggio notevole; come è arrivato a farlo nascere?
È nato in maniera spontanea. Avevo bisogno di un poliziotto che avesse un comportamento in tono con l’epoca. Erano tempi convulsi, con molta violenza nelle strade, sparatorie, prostituzione a ogni angolo e corruzione a tutti i livelli. Il mio poliziotto doveva adattarsi come un guanto a quella società. Ho scritto la prima scena, in cui compare con una prostituta, senza dire che è un poliziotto fino alla fine. E Moisès Corvo ha preso vita. Ama le risposte sarcastiche e soffre di una certa indolenza e prepotenza, ma ha un senso della responsabilità molto alto e una lunga esperienza sul campo. È un misto di Harry Callahan e del dottor House, con la faccia di Vincent Price. Ma assomiglia anche a quei personaggi senza nome che interpretava Eastwood nei film di Sergio Leone: misterioso, concreto e pericoloso.
Lei ha tratto il suo romanzo da un fatto veramente avvenuto. Ci conferma che la realtà è assai più cruda, più violenta dell’invenzione?
Sempre. Per definizione, la realtà non è un passo avanti rispetto alla finzione letteraria: sta due o tre aeroporti più in là. Tutto quello che può essere immaginato la realtà lo sbriciola e lo supera. C’è solo un piccolo problema: la realtà non ha bisogno di essere verosimile, i romanzi sì. Alla realtà non servono scuse né motivazioni né spiegazioni. Quello che succede succede e basta, e molte volte non c’è bisogno di capirlo. Nei romanzi bisogna giustificare tutto. Anche per questo sono un riflesso lontano del mondo reale.
Lei lavora alla Polizia scientifica dei Mossos de Squadra e scrive noir. È un caso o ha voluto unire l’utile al dilettevole?
Non posso dire che sia una semplice coincidenza perché non lo è, ma non è nemmeno una cosa cercata. Quando studiavo criminologia, nel 1995, ho avuto per la prima volta l’idea di scrivere un romanzo basato parzialmente sulle teorie che stavo studiando. Poi sono entrato nella polizia della Generalitat e, circa cinque anni fa, sono entrato nella polizia scientifica, nello stesso periodo in cui avevo sentito la storia di Enriqueta alla radio. Non solo avevo la teoria, ma cominciavo anche a avere la pratica e avevo già trovato la scusa (la vampira). Il romanzo è nato in maniera spontanea. Certo il mio lavoro mi ha aiutato molto a calarmi nei panni degli investigatori, al punto da proiettare in loro sentimenti, frustrazioni ed esperienze.
Chi è Marc Pastor? Potrebbe darcene una descrizione la più vicina alla realtà?
Sono nato nel 1977, anno dell’uscita di "Guerre stellari". E i due film che ricordo di aver visto da piccolo al cinema sono "Ritorno al futuro" e "Indiana Jones e il tempio maledetto". Questo spiegherebbe già tutto. A trent’anni, ho un lavoro che mi piace alla polizia scientifica, in cui disegno identikit di violentatori, assassini o rapinatori e vedo un lato delle persone che la gente non è abituata a vedere. Convivo da dieci anni con la miglior ragazza del mondo, che mi completa e mi stimola. E oltre a ciò ho un hobby, la scrittura, che non mi dà altro che gioie. Sono completamente dipendente da internet, questo sì devo ammetterlo. (Traduzione di Beatrice Parisi)

Gianfranco Colombo

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