Scenografia grandiosa e fascino
Les Troyens alla Scala ammalia

Pubblico colpito dagli effetti scenici vecchio stile controcorrente rispetto agli spettacoli minimali

Difficile non restare impressionati di fronte all’edizione di “Les Troyens” che ha debuttato martedì sera al Teatro alla Scala. Grand Opéra “vero”, monumentale come pochi se ne vedono oggi, la grandiosa (anche per durata, viste le quasi sei ore totali) opera di Berlioz, arriva finalmente sul palcoscenico meneghino dopo il successo del suo debutto, nel 2012 al Covent Garden di Londra, e sempre sotto la bacchetta di “Sir” Antonio Pappano.

Produzione decisamente impegnativa sotto il profilo tecnico (a realizzarla sono stati altri ben quattro teatri: oltre alla Scala di Milano, il Teatro dell’Opera di Vienna, il Covent Garden e il teatro di san Francisco) e artistico per la presenza in scena di un gran numero di prime parti vocali impegnative. Questa versione de l’ Eneide in forma operistica è ricca di suggestioni musicali e drammaturgiche tali da tener desta l’attenzione dello spettatore per quasi tutta la sua durata (a eccezione dei ,forse, troppo lunghi momenti di balletto).

Spettacolo piuttosto convenzionale sotto il profilo registico (la bravura attoriale di Anna Caterina Antonacci non è certo frutto del lavoro registico dello scozzese David McVicar, quanto da una dote naturale dell’interprete) , dà il meglio di sé nell’imponente macchina scenica che, nella migliore tradizione teatrale barocca, riesce a creare genuino stupore nello spettatore.

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