Abbassare le aliquote Iva?
Le imprese di Como:
«Tagliare il costo del lavoro»

Il dibattito tra le imprese comasche sull’intervento del governo per stimolare la crescita. «Bene i consumi ma la priorità è il cuneo fiscale»

Il dilemma è degno di Amleto, tanto più di questi tempi: meglio abbassare l’Iva o tagliare il cuneo fiscale? Di fronte a queste idee, aleggiate dopo gli Stati Generali, gli imprenditori non hanno dubbi. Certo, preferirebbero fare bingo e incassare entrambi i provvedimenti per imprimere una rinnovata vitalità all’economia. Ma di fronte all’obbligo di una scelta, prevale il costo del lavoro.

Cosa manca

Proprio perché il lavoro in questo momento è ciò che scarseggia e la preoccupazione per le uscite su questo versante non compensate da adeguate entrate, cresce di giorno in giorno. E perché storicamente questa zavorra ci rende più fragili verso altri competitor, figurarsi adesso.

È quanto pensa Giovanni Anzani, alla guida di Poliform con Alberto e Aldo Spinelli. Che premette: «Sembra di essere in campagna elettorale, di cose pratiche, vere niente in realtà, stiamo rimandando tutto a settembre. Però bisogna capire chi ci arriva, a settembre». L’abbassamento dell’Iva tenta, per un potenziale impatto positivo sui consumi, però guardando in casa propria in quest’impresa leader del mondo dell’arredo non costituisce la priorità. Anzani spiega perché: «Noi esportiamo in gran parte, l’Italia pesa sul 20-25%. Per cui ciò che importa ancora di più è il costo del lavoro. Che dovrebbe essere più basso, per permetterci di essere sempre più competitivi sul mercato».

Sulla stessa linea Alfredo Ramponi, della Ramponi Stones e Strass: un simbolo del made in Italy e uno dei più noti produttori di pietre in cristallo sintetico e borchie. «Prima il cuneo fiscale – afferma l’imprenditore – In una situazione dove i marchi mondiali non sono in grado di prevedere quando avverrà la ripresa, bisognerebbe fare un’azione di sistema, abbassando le tasse e immettendo nel mercato una quantità di denaro fresco, dall’operaio all’imprenditore». La via primaria, tuttavia, non è il taglio dell’Iva: «Che poi occorre vedere di quanto in effetti vorrebbero tagliarla. Se sono un paio di punti…».

A quel punto il consumatore (teniamo presente poi che per molte aziende del distretto lariano il target è alto, quello del lusso) neanche se ne accorgerebbe.

Attilio Bastai della “Bastai Enzo” – azienda di meccanica di precisione – non la pensa diversamente: «Abbassare l’Iva a me non porta niente. Certo, ci vorrebbe un po’ di tutto, ad esempio l’Iva è troppo alta sulle auto, questo sì». Invece il cuneo fiscale incide di più e torna la riflessione sul fatto che i competitor all’estero non hanno certo i costi che pesano su di noi.

Non solo fabbrica

Nel mondo del turismo i ragionamenti sono in sintonia. Ross Whieldon, proprietario del Grand Hotel Britannia e dell’Hotel Bazzoni, premette: «Da vent’anni sentiamo dire cose tipo che vogliono sistemare il costo del lavoro e della burocrazia. Detto questo, prima ancora conta il cuneo fiscale. Il costo del lavoro, dunque, ma anche la sua flessibilità».

Nelle strutture turistiche più che mai si avvertono le discrasie rispetto ai cambiamenti normativi: «Con il decreto dignità hanno tolto i voucher, il che creava problemi in tempi normali, figurarsi adesso. Le aziende non possono prendere in carico del personale sette giorni e aprire due».

Di fronte allo stato di cose drammatiche del mondo alberghiero, un alleggerimento del costo del lavoro è la prospettiva più invitante. E fa un riferimento anche alla contribuzione per uno stagionale: che se in Italia costa 101, in altri Paesi mediterranei poco più di 40, in Inghilterra 28.

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