Camera di commercio, fusione e tagli
Una riforma che fa arrabbiare Como

Il provvedimento sul tavolo del Governo, ormai certa l’unione con Lecco

Galimberti: «Saremo una scatola vuota». Personale, a rischio il 25%

Sul tavolo del governo è attesa la riforma Madia, la Camera del Commercio di Como teme di diventare solo una scatola vuota. E un lavoratore su quattro in via Parini rischia il posto.

La riforma della pubblica amministrazione, slittata più volte nel corso dell’anno, dovrebbe vedere la luce con un decreto da firmare nel Consiglio dei ministri di oggi. Tra i punti cardine della legge è prevista la riduzione degli ambiti territoriali (passano da 100 a 60), un corposo taglio del personale, ma anche il dimagrimento del numero dei componenti degli organi, l’eliminazione dei loro compensi e la cancellazione delle duplicazioni di compiti e funzioni rispetto alle amministrazioni pubbliche.

La Camera di Commercio di Como riunisce circa 55mila attività e imprese, un numero insufficiente per continuare ad esistere da sola, il governo ha fissato un tetto minimo a quota 75mila, diventa quindi necessario un accorpamento con una provincia vicina, l’unica strada al momento percorribile sembra essere il matrimonio con Lecco. «Siamo ormai arrivati all’atto finale – spiega Marco Galimberti, vicepresidente della Camera di Commercio di Como – dopo più rinvii e discussioni adesso ci siamo. Le mie perplessità non riguardano solo i tagli, la riduzione delle risorse e gli accorpamenti, ma la nostra vera sostanza. Questa legge, almeno dalle bozze e dalle notizie che filtrano, altro non fa che svuotare il nostro organo di poteri e competenze. Diventeremo dei passacarte, una scatola vuota. Non saremo più in grado di replicare i grandi progetti del passato messi in campo per la città e la per provincia, mi riferisco per esempio al parco tecnologico Como Next oppure il Chilometro della conoscenza. Non avremo spazi di manovra, il risultato è l’impoverimento del territorio. Quanto a possibili accordi con le altre Camere di Commercio lombarde, visto che Monza si unirà a Milano restiamo noi e Lecco». I numeri di Como e Lecco sarebbero sufficienti per stare in piedi, gli interrogativi però restano. Varese, invece, può ambire all’autonomia.

Capitolo lavoratori: dopo le proteste delle scorse settimane, con tanto di mobilitazione fuori dalla Prefettura di Como, i sindacati sono pronti ancora a sfidare la riforma. «Ci mobiliteremo insieme a Cisl e Uil anche dopo l’eventuale firma sul decreto – spiega Alessandra Ghirotti per Fp Cgil Como – negli ultimi testi della riforma che sono circolati non si citano più precise percentuali, ma si parla di generici tagli al personale. Nella Camera di Commercio di Como lavorano 59 professionisti più altri 9 esternalizzati, fino al mese scorso il rischio era una riduzione del 25% del personale.

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