Fuga per cercare lavoro
Ora si va all’estero anche dopo i 40

Sempre più numerosi i comaschi che espatriano

Il 13% dei frontalieri ha più di 55 anni: e il dato cresce

In un anno i trasferimenti per lavoro dall’Italia all’estero sono saliti a 115mila. Ma un dato ha colpito ed è stato al centro di un’inchiesta de “La Repubblica” sulla base di studi Cna: a crescere sono le partenze degli italiani negli “anta”.

Se mancano dati strettamente comaschi, qualche indizio conferma la tendenza anche in provincia. Prima di tutto per quanto riguarda il primo Paese verso il quale Como si dirige abitualmente: la Svizzera. L’ultima statistica dell’Ufficio federale, due mesi fa, non si limitava a fotografare il pur rilevante aumento di frontalieri: nella Confederazione + 3,7%, in Ticino raggiungono la quota più elevata (27%) rispetto al totale degli occupati.

Un altro fenomeno veniva radiografato: l’invecchiamento. Alla fine del 2016, i giovani (15-24 anni) rappresentano il 4,7% della quantità complessiva, mentre i più anziani (sopra i 55 anni) arrivano al 13%. Con un’ulteriore caratteristica: i primi sono in calo, dell’1,6% nell’arco di cinque anni. I secondi, invece, aumentano del 2,4%. Tendenza che sarebbe interessante da analizzare pure in quelli che – per aggirare il clima teso in Ticino – scelgono proprio di trasferire il domicilio.

Solo effetto di un mercato del lavoro in difficoltà? Anche laddove ci sono i segnali positivi sull’andamento delle imprese, l’occupazione stenta a mettersi in movimento. Sì, il 2016 ha visto la crescita degli occupati a Como (+5.475, tasso a +1,13%, dati elaborati dalla Uil del Lario). Ma non basta. Riflette Annarita Polacchini, consigliere delegato all’innovazione in Unindustria e nel cda di SviluppoComo – ComoNext: «Ci sono due componenti. Chi ha oggettivamente profili medio bassi e ha esigenze di cercare all’estero. C’è chi invece ha un’alta professionalità: il nostro mercato del lavoro è statico, per cui le opportunità si aprono maggiormente oltre confine».

La stessa Polacchini ha avuto un’esperienza in Francia, dove – ricorda - «se avessi voluto fare il dottorato sarebbe stato anche più accessibile. Ho compagni di università andati all’estero per voglia di cambiare o perchè c’erano più chance. Adesso fanno fatica a tornare, perché sono entrati in un mercato più dinamico e con più soddisfazioni a livello di salario».

Un’altra prova indiretta viene proprio da ComoNext, dove sempre più gli aspiranti imprenditori non sono giovanissimi, bensì cercano una seconda vita: «O cambio l’ambiente che sta attorno a me, o cambio lavoro e mi rimetto in gioco».

Ultima e non meno importante considerazione, ormai siamo nel mercato globale, anche dal punto di vista del lavoro: «Questo molti giovani non l’hanno ancora capito. Quelli un po’ più maturi sì». E sono pronti ad affrontare sacrifici, come la distanza dalla famiglia o dalle proprie radici.

C’è un altro aspetto che mette in luce invece il sindacato: «Se guardiamo il dato svizzero con l’aumento dell’età – osserva Salvatore Monteduro, segretario Uil Lario – Conta il salario, ma anche il fatto di non trovare in questo Paese l’opportunità per cui magari si è studiato. C’è poi l’effetto della globalizzazione, per cui viaggiare è altra cosa rispetto a dieci, quindici anni fa. Non possiamo dimenticare però anche l’innalzamento dell’età degli studi».

Anche perché oggi chi prende un laurea, va poi avanti: «C’è sempre più la tendenza a specializzarsi – conclude Monteduro –Con un altro risultato, però, che prepariamo sempre più professionalità che poi perdiamo. Anche come fasce di frontalieri, il livello ormai è più alto».

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