Economia
Giovedì 01 Gennaio 2009
Gas, forniture ancora a rischio
Torna lo scontro Mosca-Ucraina
Torna la guerra del gas fra Mosca e Ucriana. E così da ieri mattina Kiev è stata costretta alla riduzione delle forniure verso l'Europa per poter far fronte al proprio fabbisogno di metano. Nuovo rischio di restare al freddo. Ma il governo rassicura: le riserve sono al massimo.
L'Italia, come gli altri Paesi dell'Ue, segue attentamente la vicenda, ma il ministero dello Sviluppo economico guidato da Claudio Scajola esclude che la crisi avrà ripercussioni. Gli stoccaggi sono oltre il 90%, e sono già state prese misure per aumentare, se necessario, l'import da altri tubi. «Questa nuova crisi, comunque - si legge in una nota del dicastero - conferma l'urgenza di varare un piano energetico nazionale che diversifichi le fonti energetiche e le aree geografiche di approvvigionamento».
Per mezzo della presidenza ceca, l'Ue esorta i contendenti a «onorare i loro impegni» su transito e rifornimenti. Anche l'amministrazione americana uscente del presidente George Bush auspica garanzie per la stabilità dei mercati energetici, sottolineando le possibili «conseguenze umanitarie». Ma la reazione appare per ora molto distante dal panico scatenato in Occidente per la 'guerra del gas' russo-ucraina del 2006.
Il presidente ucraino Viktor Iushenko blandisce Bruxelles: i clienti europei di Gazprom e della rete di gasdotti ucraina non subiranno conseguenze dal braccio di ferro in atto. Iushenko si è detto convinto che, «entro pochi giorni» (forse prima del Natale ortodosso del 7 gennaio, ritiene il consigliere del governo Oleksi Gudima), si troverà una intesa.
Gazprom e Naftogaz Ukraini si pronunciano entrambe per una tempestiva ripresa del negoziato, senza però indicare appuntamenti concreti. La parte russa è diffidente: il portavoce di Gazprom, Serghei Kuprianov, imputa il flop negoziale di ieri a una precisa volontà ucraina di far saltare l'accordo per prendere tempo. «Non è un segreto» che la delegazione di Kiev «aveva ricevuto l'ordine di non firmare nulla. Il loro compito era arrivare alla crisi, tirare la corda al massimo», ha detto il portavoce. Per la leadership russa la vertenza nasce da lotte politiche interne in Ucraina legate alla scomoda alleanza-coabitazione fra due ormai irriducibili rivali, Iushenko e la premier Iulia Timoshenko. Timoshenko - ieri impedita per ordine presidenziale dal partire per Mosca e tentare uno sblocco delle trattative - dice di avere un piano di compromesso in grado di risolvere l'impasse, ma la presidenza ucraina non sembra intenzionata a farla entrare in gioco.
L'amministratore delegato di Naftogaz Ukraini, Oleg Dubina, ha già illustrato le controfferte di Kiev alle proposte russe: una tariffa di 235 dollari per 1.000 metri cubi di gas (Mosca ne chiede 250, e lo considerà già un trattamento di favore) e un rialzo dei prezzi di transito da 1,7 a 1,8 dollari per 100 chilometri. L'Ucraina, ha detto Dubina, ha in progetto l'acquisto di 46 miliardi di metri cubi quest'anno (3,8 miliardi in meno che nel 2008, quando la tariffa era a 179,5 dollari per 1.000 metri cubi), mentre il volume di metano in viaggio verso i mercati europei resterà a 120 miliardi di metri cubi.
In attesa di uno sblocco che l'interdipendenza infrastrutturale dei due Paesi rende inevitabile, (e che secondo la stampa sia russa che ucraina verrà raggiunta attraverso compromessi non solo economici), Mosca lancia l'abituale bordata di accuse contro l'inaffidabile partner: Gazprom sostiene che Naftogaz Ukraini impedisce a osservatori indipendenti di monitorare i flussi per segnalare eventuali prelievi abusivi e che non permette alla società mista di gestione dei gasdotti RosUkrEnergo di immettere il gas dei depositi nei sistemi destinati al consumo interno.
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