Obbligo di due notti nelle case vacanza. Anche a Como protestano gli hotel

Il dibattito Il presidente degli albergatori Luca Leoni: «Limite troppo basso, dovevano essere almeno tre,si conferma la concorrenza sleale nei nostri confronti»

Anche gli albergatori comaschi contestano il disegno di legge elaborato dal ministro Daniela Santanché, contenente la nuova regolamentazione per le case vacanze. Al centro delle polemiche, in particolare di Federalberghi, c’è l’obbligo di un soggiorno minimo di due notti.

«Troppo poco – commenta Luca Leoni, presidente degli albergatori comaschi – come Federalberghi riteniamo positivo che si sia aperto un dibattito circa le locazioni brevi, ma non si può nascondere la nostra delusione. Il periodo di soggiorno medio in Italia è di 3,3 giorni. Mettere un vincolo inferiore è quindi davvero poco significativo - aggiunge il presidente comasco di Federalberghi - nell’incontro avuto con il Ministro e Federalberghi nazionale a Bergamo avevamo chiesto un limite minimo di tre giorni perché non si innescasse quella che riteniamo una concorrenza sleale a fronte dei maggiori obblighi e oneri in termini di sicurezza, burocrazia, gestione e controlli che hanno gli hotel». Il discrimine riguarda il fine settimana: le case private, con meno costi fissi, posso praticare prezzi più bassi degli alberghi. Al momento non esistono limiti, si può ospitare anche solo per un giorno e la concorrenza è serrata soprattutto nelle città d’arte dove il limite a due o tre notti sposta il mercato e dove è più sentito il timore per l’allontanamento dei residenti dai centri storici.

Proprio su questo intende intervenire il ddl: per fornire una disciplina uniforme a livello nazionale e scongiurare il rischio di un turismo sovradimensionato.

La scelta di estendere il provvedimento eventualmente a più giorni viene demandata, nelle intenzioni del Ministero, ai singoli comuni.

Difficile però pensare in un ridimensionamento del fenomeno degli affitti brevi di privati. Il sistema delle case vacanze intanto si è consolidato: gli alloggi in affitto sono cresciuti dal 2012 ad oggi del 74,9% arrivando a contare quasi 120mila strutture per 920mila posti letto. Molti gli investimenti in ristrutturazioni ed è difficile pensare che il mercato ripieghi. Al momento sono 35mila i B&B italiani, di questi il 70% è gestito in modo non imprenditoriale. Una consistenza economica che, oltre a generare sviluppo e indotto, trova mercato ed è al servizio un target specifico di turisti, come le famiglie soprattutto del nord Europa.

Il mercato

«Proprio perché non è più una contingenza ma un fenomeno ormai consolidato, a maggior ragione si chiede che sia soggetto alle stesse regole e che si stabilisca una parità – conclude Leoni – per cui riteniamo importante eliminare l’abusivismo e chiediamo che i comuni siano messi nella condizione di poter controllare perché si delega agli enti locali un ruolo che non sempre e non tutti sono le condizioni di poter svolgere. Inoltre riteniamo opportuno che le stesse norme in termini di sicurezza degli alberghi siano estese alle case vacanze».

Il ddl in uscita inasprisce anche le regole: sarà reso obbligatorio il Codice Identificativo Nazionale (Cin) rispetto agli attuali Codici identificativi regionali e si prevede la figura del property manager, la persona che per conto dei proprietari gestisce più alloggi, con l’obbligatorietà di agire da sostituto d’imposta, raccogliendo e versando per conto dei proprietari la cedolare secca.

Al momento, con un ottimo afflusso turistico sul Lago di Como e una non ancora raggiunta saturazione della capacità ricettiva, la questione della concorrenza tra le diverse tipologie di ospitalità è marginale, anche perché i pubblici di riferimento degli alberghi lariani sono ben altri rispetto alle case vacanza. Ma per il futuro e per altre zone meno ricercate il problema è reale.

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