«Volevano la morte
del gruppo Canepa
Un dovere salvarlo»

L’imprenditore commenta l’avvenuta acquisizione dell’azienda di famiglia

La svolta adesso è ufficiale e per l’azienda ha inizio una nuova vita.

Ieri, dopo lunghe ore di trattative per limare l’accordo, Michele Canepa ha firmato l’atto di acquisizione di tutte le società del gruppo di famiglia.

Con un gesto di generosità e coraggio, l’industriale comasco ha chiuso una complessa vicenda che per mesi ha tenuto con il fiato sospeso i dipendenti e i creditori dell’azienda. Vicenda che senza l’intervento di Canepa, avrebbe potuto avere riflessi estremamente negativi per il futuro di una realtà simbolo dell’eccellenza tessile lariana e per l’immagine del made in Como.L’imprenditore è consapevole della sfida che lo attende nei prossimi mesi. Dalla sua ha il sostegno di tanti dipendenti e soprattutto l’apprezzamento di alcuni dei più importanti clienti dell’azienda.

Viste le difficoltà, cosa l’ha spinta a questo salvataggio, quasi in extremis?

Era inaccettabile per me mandare in rovina un patrimonio con 50 anni di storia e di competenze. Lo scatto d’orgoglio è venuto a Parigi, dopo l’incontro con alcuni colleghi interessati solo a pezzi dell’azienda, il che non solo ne avrebbe decretato la fine ma anche la messa in strada di molte persone.

È emozionato?

Certo, ho proseguito attraverso Taroni la tradizione di tessitura della famiglia ma, tornare oggi per rilanciare il lavoro di Canepa, azienda che mio padre e mia madre hanno avviato nel 1967 e che poi dal 1968 ha visto partecipi anche me e mia sorella Elisabetta, è assolutamente straordinario.

Ho sentito il dovere di fare questo passo per cercare di tutelare il lavoro di tanti collaboratori, molti dei quali avevo assunto prima di lasciare San Fermo.

Il costo dell’operazione?

Direi che il costo maggiore sono i tanti i problemi da risolvere. Il mio obiettivo è tornare a far funzionare l’intero complesso come quando l’ho lasciato, nel 2000.

Ha rilevato il 100% delle quote?

Ho donato una piccola percentuale a Maurizio Ceriani, un manager che ha lavorato come me in Canepa negli anni Novanta. È stata la persona che mi è stata più vicina in questa operazione.

Quale ruolo avranno Elisabetta Canepa e i figli Carlotta e Alfonso?

Io sarò presidente della holding, mia sorella Elisabetta manterrà la carica di presidente della Canepa, con incarichi commerciali. Anche Alfonso e Carlotta resteranno in azienda e saranno affiancati da Ceriani che li aiuterà a crescere.

Il momento chiave sarà la definizione del piano industriale.

Cosa ha in mente?

Troppo presto per dirlo. Bisogna rimettere in moto la macchina, recuperare fatturato e soprattutto margini.

Pensa di tagliare i rami meno redditizi?

Come ho detto, devo avere il tempo di analizzare, capire, intervenire.

Un tema di grande rilievo è quello dell’occupazione: ci sarà una consistente riduzione del numero di addetti?

Nel programma del Fondo era prevista la riduzione di un centinaio di persone. È una voce che affronterò con i sindacati.

Quali sono i punti di forza dell’azienda su cui ritiene strategico puntare?

I tessuti jacquard, fiore all’occhiello da sempre, ma anche l’imprimé. Al gruppo fa capo la Stil che stampa per molti, importanti converter comaschi. Ne approfitto per ringraziare pubblicamente alcuni di loro, come i fratelli Ragazzi della ditta Idea che , a differenza di altri, non hanno mai dirottato gli ordini altrove, nemmeno nella fase più acuta della crisi.

In futuro potrebbe nascere un polo tessile Taroni-Canepa, visto che tra le due realtà non c’è sovrapposizione di mercato?

Taroni e Canepa sono oggi due società tra loro complementari, con una grande competenza progettuale, una spiccata creatività e un archivio storico prezioso. Con Maurizio Ceriani, che è stato mio manager in una delle aziende prima di lasciare il Gruppo Canepa, la mission è di riportare la Canepa al prestigio degli anni passati, rafforzando l’offerta di prodotti di alta qualità.

Ci sono state manifestazioni di interesse da parte di altri attori del distretto: ha cercato di fare una cordata?

Cerchi di far nascere una filiera con chi è interessato a mantenere integra una realtà, chi si è fatto avanti voleva solo acquistare dei macchinari o portar via delle risorse umane: direi che c’è stata una certa abbondanza di proposte inaccettabili.

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