A Como Next la Preghiera
del lavoro che cambia

Un piccolo gesto, un grande significato. Sembra una scelta ordinaria eppure ha una forza comunicativa eccezionale. La festa del lavoro celebrata al Parco scientifico e tecnologico Como Next a Lomazzo. Qui il vescovo Oscar Cantoni ha pregato con i rappresentanti delle associazioni di categoria, dei gruppi cattolici e dei sindacati.

Como Next. Il luogo della ricerca, della innovazione, delle nuove imprese. L’originalità di pregare qui per il lavoro. Quello che c’era, quello che c’è, quello che ci sarà. Trent’anni fa il vescovo Ferraroni per le prime giornate del lavoro partecipava a veglie di preghiera in chiesa e al centro Cardinal Ferrari. Una quindici d’anni fa circa il vescovo Maggiolini diceva messa alle acciaierie Falck di Dongo. Meno di dieci anni fa il vescovo Coletti era alla metalmeccanica Sisme di Olgiate dicendo ai lavoratori «siete nel mio cuore». Dalla memoria emergono incontri che sottolineano la vicinanza della chiesa al mondo del lavoro. E finora pronunciando questa parola si intendeva la fabbrica. Oggi non più.

La tecnologia ha cambiato tutto. Internet ha modificato il modo di vivere. Di produrre, di scambiarsi beni, di comunicare. Gli esperti classificano la rivoluzione che ci coinvolge come “industria 4.0” per collocarla storicamente dopo l’invenzione del motore a scoppio con la meccanizzazione della forza dell’acqua e del vapore, dopo la seconda con la produzione di massa, le catene di montaggio e l’elettricità e la terza, quella dei computer e dell’automazione.

Se fino a poco tempo fa la competizione era su scala locale, poi nazionale e infine globale, da un po’ e ancora di più da qui in avanti si consumerà non su un terreno fisico ma nell’immaterialità di internet che connette tutto e tutti. Così la sfida del lavoro si fa ancora più difficile. Se prima una fabbrica poteva essere messa fuori mercato da un’altra azienda che sfruttava la manodopera a più basso costo in paesi lontani, ora la competizione si sviluppa sull’innovazione tecnologica. Vince chi fa prima, chi fa meglio e a minor costo.

I posti di lavoro nei nostri territori possono saltare non per una delocalizzazione o per la concorrenza sleale di un’impresa straniera. Ora si può perdere il lavoro a causa di un robot.

Tutto questo comporta un nuovo modo di vedere le sfide che attendono l’economia e l’umanità nel presente e nel prossimo futuro. La Chiesa ha le antenne nella società umana e coglie l’urgenza di un nuovo approccio. La scelta di Como Next per la preghiera del lavoro in vista della festa del Primo Maggio è un chiaro segnale.

Chiudersi non serve a niente. L’innovazione è un fiume in piena e bisognerà attrezzarsi per non essere travolti. Non rassegniamoci a scenari apocalittici. E non illudiamoci. La tecnologia non priverà l’uomo della fatica, dell’impegno, della responsabilità.

Il tema dell’incontro a Como Next era “Il lavoro: affanno e fatica, sogno e dignità”. L’affanno e la fatica sono nelle realtà quotidiane delle crisi che hanno un costo umano impressionante. Il sogno e la dignità risiedono nel coraggio degli imprenditori e nei valori dei protagonisti del lavoro.

Dove per quasi un secolo c’era stata una grandissima fabbrica, il Cotonificio Somaini, che arrivò a superare i mille operari, per la lungimiranza e la visione di alcuni comaschi, in primis Giuseppe Guzzetti e Paolo De Santis, è nato il parco scientifico e tecnologico di Como Next. Qui oggi ci sono 112 aziende start up con oltre 600 addetti, l’85% sono laureati e hanno un’età media di 35 anni. Con il terzo lotto si arriverà a circa 150 imprese e ad almeno mille occupati. Dopo un secolo il ciclo dell’economia tornerà al punto di partenza in termini di posti. Ma è cambiata più di un’epoca.

Nella trasformazione è indispensabile fare tesoro dell’insegnamento della Chiesa per un lavoro che mette sempre al centro l’uomo. Perché il lavoro non può essere ridotto ad un mero fatto economico. Dà dignità se dal martello al computer conserva la dimensione umana, personale, familiare, comunitaria e religiosa. Come disse Giovanni Paolo II, che era stato operaio, «Gesù guarda con amore al nostro lavoro». E noi possiamo provare amore per la nostra occupazione se anche nel lavoro siamo capaci di guardare sempre a Lui.

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