Calcio Como, fallimento
in maglione di cachemire

Ci verrebbe da chiamarlo il fallimento con i guanti bianchi. O il fallimento in maglione di cachemire. Questa volta, tra la percezione e la realtà, nel secondo fallimento in 11 anni del Calcio Como, la distanza è abissale. Nel 2005 tutto cadeva a pezzi, i giocatori mangiavano un panino negli spogliatoi per pranzo, per andare in trasferta ci voleva il benefattore tifoso a pagare l’albergo e chi gestiva la società stava in sede con il piumino, perché non c’erano i soldi per pagare il riscaldamento. Stavolta niente piumino. E non solo per questioni di stagione. La società apparentemente aveva il motore acceso, si è fatto un mercato persino oltre le aspettative, gli stipendi erano pagati, squadra in ritiro in montagna e tutto il resto. Eppure il Como è fallito. Bisogna stare attenti a non perdersi, tra percezione e realtà. Perché ci possono essere degli abbagli. Dunque la documentazione fornita di fronte al giudice, non è stata ritenuta sufficiente. Il Como, contro molte previsioni, è fallito, nell’impreparazione di quasi tutti, almeno a giudicare dalle facce dei tifosi che ieri si aggiravano più smarriti che arrabbiati davanti al Sinigaglia. I particolari su ciò che è successo e su quello che succederà, lo leggete approfonditamente all’interno. A noi vengono qui un paio di riflessioni suppletive. Per esempio sul calcio ormai malato di debiti, dove non si riesce più a stabilire la differenza tra buchi milionari perdonati e altri letali. Già, ecco come l’Italia è cambiata. Vent’anni fa bastava la voce di un conto di un ristorante non pagato dal Calcio Como, per scatenare il tam tam di oscuri presagi. Il berlusconesimo ha di molto allargato le maglie del setaccio. Tutti tollerano tutto, nel calcio la teoria vigente è il “pagherò forse e chissaquando”. La parola “debito” non è percepita più come una infamia. E le situazioni si incancreniscono. Sinché uno non ti porta in tribunale e scoppia il patatrac.

Perché è evidente che qui, più che di una società insolvente, stiamo parlando di una società che ha giocato con il fuoco, fino a scottarsi. Chi ne paga le conseguenze? Ovviamente i tifosi, che adesso chiedono lumi su quello che succederà. Beh, comunque vada, se non ci sarà la vittoria nel ricorso, sarà comunque cavoli amari. Sostanziali a ed accessori. Per esempio, il Torino che era pronto a scendere in campo a Sondalo in una amichevole contro il Como, ieri mattina, alla notizia del fallimento, ha declinato l’invito: «Non ci pare opportuno». Così per dire.

Aspettiamoci possibili movimenti in uscita di giocatori, per un campionato di Lega Pro riguardo a quale al momento è difficile immaginare come verrà affrontato. Sempre che si conceda l’esercizio provvisorio. I giochi sono finiti. Qui si fa sul serio. Per rispetto a chi ci ha portato in serie B, e a chi ha cercato di dare una dignità al Calcio Como, rinviamo bilanci e giudizi a dopo il ricorso. Certo però che, dopo il fallimento dell’imprenditore padre padrone che veniva da lontano, dovesse seguire quello della teoria opposta, cioè quella del «Como ai comaschi», beh sarebbe una pietra tombale sulle diverse filosofie di come fare calcio a Como. Amen.

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