Caso Cantù, tutelare
i furbetti è sbagliato

Napoli, Roma, Genova, ora Cantù e solo per stare alla cronaca degli ultimi mesi. Il copione è più o meno sempre lo stesso. C’è quello che timbra e va al bar o a fare la spesa e ci sono quelli che si organizzano con un collega che a turno si “sacrifica” e timbra anche per gli assenti il più delle volte beccati a svolgere altri lavori in nero.

Ora il caso canturino di un dipendente pescato niente meno che dal sindaco mentre pagava le bollette in posta dopo aver lasciato l’auto di servizio in divieto. Ogni vicenda è diversa e simile alle altre. Ci sono, è evidente, situazioni più gravi, si tratta però sempre di comportamenti da sanzionare con grande severità. Nel privato, lo racconta oggi in cronaca l’imprenditore canturino Maurizio Riva, cose del genere non sono nemmeno immaginabili. Nel pubblico, complice soprattutto la difficoltà dei controlli e l’assenza di una vera e propria cultura del bene comune, le cose vanno tante volte diversamente.

Tra gli italiani rispetto a questo andazzo c’è una sorta di rassegnazione, di sfiducia nella possibilità che le cose possano cambiare. Si tratta di un atteggiamento pericoloso e sbagliato, alimentato talvolta anche dalla miopia delle organizzazioni sindacali, campioni di garantismo in particolare con i fannulloni. A Cantù, ad esempio, succede che i rappresentanti dei dipendenti comunali non siano in prima fila a chiedere una punizione per il comportamento del collega. Tutelare i furbetti è una sberla a chi sgobba (sono in tanti nell’amministrazione canturina), suona come un’offesa a chi meriterebbe una promozione che magari non può essergli riconosciuta per la carenza delle risorse comunali, crea un irreparabile danno di tipo culturale e alla lunga produce inefficienza perché persino nei lavoratori più indefessi, se messi di fronte a una palese e reiterata ingiustizia, scatta il meccanismo del “tanto vale darsi da fare”.

Cosa avrebbe potuto pensare un dipendente ligio al dovere se il sindaco Bizzozero anziché denunciare l’accaduto avesse chiuso un occhio? Quale genere di messaggio sarebbe passato? Forse non è di questo mondo ma sarebbe bello se un giorno capitasse che fosse il sindacato stesso a mettere all’indice i furbi e lavativi. Sarebbe bello per i cittadini e forse utile ai sindacati stessi. Questi ultimi avrebbero di che guadagnarne innanzi tutto in credibilità agli occhi dei lavoratori che inizierebbero a percepirli come veri custodi del merito e della professionalità e non come i difensori, a prescindere, dei diritti di tutti, anche di quelli che non meritano alcuna difesa.

Abbiamo la fortuna – a Cantù ma mediamente anche nel resto della provincia – di poter contare su una pubblica amministrazione efficiente e preparata, nulla a che vedere con il degrado di alcune realtà, specie nel meridione, dove soprattutto nel passato si è affermato un sistema di radicate clientele. Ma se crediamo nel bene comune, il cui valore sta proprio nel suo essere patrimonio universale cioè di tutti i cittadini compresi i bambini e gli anziani cioè quelli che in genere hanno meno armi per farsi sentire, è necessario non essere indulgenti anche di fronte a isolati ed episodici abusi.

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