Como, addio Renzi
coperta di Linus

Addio coperta di Linus. Il centrosinistra comasco, il giorno dopo il referendum che ha deviato il corso della politica italiana, si trova privato di una delle poche certezze su cui poteva contare: Matteo Renzi. Perché l’ormai ex o comunque congelato premier era stato il principale artefice di quel incredibile 40 e rotti per cento ottenuto nel capoluogo alle elezioni europee che aveva regalato tanta sicurezza. Con il leader del Pd fuori da palazzo Chigi, il percorso che porta alle elezioni comunali della prossima primavera rischia di diventare un anno zero che costringerà le forze politiche a rifare tutti i calcoli.

Vero che a Como città la vittoria del no ha registrato proporzioni inferiori rispetto al trend nazionale e al dato di buona parte della provincia, ma c’è un elemento che è emerge da questa consultazione, così come dal voto sulla Brexit e dall’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti. Perché se l’anime belle continuano a farci credere che gli italiani non hanno voluto privarsi dell’inarrivabile piacere di eleggere direttamente il Senato, non si può fare a meno di notare come anche da referendum sia venuto fuori un altro segnale di rigetto nei confronti dell’establishment.

Certo, quando si va a votare per il sindaco e il consiglio comunale le cose cambiano, ma non troppo. Ecco perché il centrosinistra al governo del capoluogo rischia di trovarsi a fare i conti anche con questo vento tempestoso che spira dall’elettorato. Da qui l’esigenza di sparigliare le carte e modificare i ragionamenti che hanno fin qui guidato i criteri per la scelta del candidato alla successione di Mario Lucini, basati sulla certezza di un approdo al ballottaggio che rischia di non essere più così sicuro. Dopo la rinuncia di Lorenzo Spallino, sembrano rimasti in campo Stefano Legnani, Marcello Iantorno e Gioacchino Favara, più eventuali outsider. Servirebbe un nome nuovo, forte, slegato dall’esperienza amministrativa attuale e in grado di lanciare segnali di cambiamento all’elettorato.

In questa prospettiva potrebbe essere messo meglio il centrodestra. Ammesso e non concesso che il risultato referendario possa rappresentare la molla per convincere in via definitiva Mario Landriscina, medico responsabile del 118, a sciogliere la riserva e decidere di guidare la coalizione con i partiti un passo indietro. Quanto poi la netta vittoria del no possa contribuire a unire e non a disgregare l’alleanza sulla spinta delle ambizioni delle singole forze politiche, lo scopriremo solo vivendo. Discorso non diverso si può fare nel centrosinistra dove c’è la concreta possibilità che le divaricazioni tra il Pd e gli alleati siano acuite dal risultato del referendum. Ma non solo. Anche all’interno del principale partito, dove peraltro si è registrata una vastissima adesione al sì, il risultato potrebbe rappresentare comunque l’occasione per mettere in discussione equilibri già oggi non molto solidi.

L’esito del voto di domenica alla fine scompagina l’intero quadro politico comasco e potrebbe alimentare ancora di più le speranze di quelle forze che si sono connotate per la loro azione anti sistema anche nell’ambito del dibattito politico amministrativo in consiglio comunale e hanno fatto campagna per il no. Il movimento Cinque Stelle ringaluzzito dal risultato nazionale, deve però scontare la scarsa penetrazione finora registrata nel corpo elettorale comasco. Discorso diverso per la lista civica di Alessandro Rapinese, che già cinque anni fa, al primo turno, si fermò poco lontano dalla quota di ballottaggio e potrebbe essere la maggiore beneficiaria del nuovo vento. Se dovesse soffiare anche a Como.

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