Como, ai cittadini
un futuro più facile

L’esperienza degli ultimi trent’anni consiglia la cautela visto a Como tutte le grandi operazioni relative al patrimonio pubblico sono sostanzialmente rimaste al palo. Il caso dell’ex Ticosa è quello più eclatante ma non è l’unico. Ferite altrettanto profonde nel tessuto urbano sono l’area, di proprietà comunale, dell’ex Orfanotrofio tra via Grossi e via Dante; così come in centro storico la sede dell’ex carcere di San Donnino adiacente alla Pinacoteca civica. E ancora, il San Martino, promesso da anni alle università e oggi un limbo che non lascia sereni rispetto alla possibilità che presto o tardi l’ultimo grande polmone verde della convalle venga ceduto ai privati. Un grande punto interrogativo accompagna anche la caserma De Cristoforis che non è dismessa ma certo nel tempo si è via via ridimensionata a livello operativo.

Lo stesso discorso si può fare, a margine della convalle, per Villa Giovio che lo Stato ha messo in vendita e a cui il territorio rischia di dire addio per sempre. Bene, se questi sono i precedenti, il progetto di concentrare nell’area dell’ex ospedale Sant’Anna, le principali agenzie della pubblica amministrazione, può apparire velleitario. Gli ostacoli, del resto, non mancano. Il principale, ma guarda un po’, è di natura finanziaria. Organizzare la cittadella degli uffici pubblici necessita di investimenti molto importanti e non c’è da essere ottimisti sulla possibilità che, almeno questa volta, lo Stato si dimostri di manica larga con il nostro territorio. I pro, d’altro canto, sono molti innanzitutto per lo Stato stesso che oggi, ogni anno, brucia più di tre milioni di euro per pagare l’affitto delle attuali sedi. Il record di spesa è dell’Inps e dell’Agenzia delle entrate che per l’edificio di via Pessina e per il palazzo ex Enel di viale Cavallotti staccano ogni dodici mesi un assegno di circa 600mila euro ciascuno. Ogni situazione ha i suoi perché ma nel complesso è difficile sostenere la logica della situazione attuale agli occhi dei cittadini comuni: com’è possibile che una pubblica amministrazione squattrinata e con le forbici sempre in mano quando si tratta di prestazioni ai cittadini poi si dimostri tanto pronta per pagare le sedi in affitto?

Il progetto della cittadella degli uffici, integrato ma ovviamente non alternativo a quella della sanità, è una grande occasione anche per la città. Trasferire la sede di lavoro di alcune migliaia di persone al di fuori della convalle significa liberare il centro di una quota pesante del traffico pendolare che è come dire meno inquinamento, tempi più rapidi di spostamento e ricerca di parcheggio. Non solo, l’idea della cittadella all’ex Sant’Anna aiuta a immaginare un futuro in cui sarà più facile, per i cittadini, interloquire con i servizi pubblici. Più facile e meno costoso perché rapportarsi con i vari enti in un’unica sede agevolmente accessibile è certo meno oneroso rispetto alla necessità di fare il giro del centro in un tour che oggi può costare mezza giornata di fatica.

E poi c’è Camerlata che non è un quartiere periferico ma la principale porta di ingresso alla città.

La zona ha inevitabilmente sofferto il trasloco dell’ospedale e per rendersene conto basta contare il numero di saracinesche abbassate, ora si prospetta una chance per tornare ad essere baricentro urbano e non deve andare perduta.

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