Como, gestire il caos?
Possiamo farcela

Basta poco, un piccolo cantiere stradale o magari un’auto in divieto, per bloccare tutto. Il sistema della viabilità comasca danza su una lastra di ghiaccio sottile e non ammette gli imprevisti. Il patatrac è dietro l’angolo e chi vive e lavora a Como sa bene quanto facile sia finire intrappolati nelle code anche negli orari sulla carta più tranquilli.

Bene, se il contesto ordinario è questo, è facile immaginare cosa può succedere quando vengono organizzate manifestazioni di grande richiamo qual è la festa del Capodanno ai giardini con il tradizionale menù a base di musica e fuochi d’artificio. Cosa può succedere è esattamente quel che è successo l’altra notte: girone e lungolago semiparalizzati, auto parcheggiate ovunque, zero controlli su botti, lanterne cinesi e bottiglie di vetro nonostante le ordinanze firmate dal sindaco nei giorni scorsi.

Uno scenario largamente prevedibile, quasi inevitabile quando in piazza, affacciate sulle rive del primo bacino, si ritrovano a festeggiare trentamila persone e in strada, a regolare il traffico e a richiamare chi passa il segno, ci sono otto agenti della polizia locale. Otto agenti in tutta la convalle è un po’ come pensare a due pattuglie di fronte al pubblico di una partita di calcio di serie A. Semplicemente impensabile.

Bene ha fatto quindi l’assessore Paolo Frisoni, oggi su La Provincia, ad aprire il dibattito sulla città e i grandi eventi: Como è adatta ad ospitare iniziative del genere? O meglio, siamo pronti, attrezzati e nella testa sufficientemente tolleranti per accettare anche solo una notte di caos? Probabilmente no, non siamo Rimini ed è diffusa la propensione, tra i comaschi, a considerare con disprezzo, a sentire come una minaccia, tutto ciò che, anche solo episodicamente, si dimostra appena appena sopra le righe. Siamo fatti così, chiusi e refrattari alle novità, ma se questa è l’indole dei laghée è pur vero che Como, attraverso le manifestazioni popolari, è cresciuta non poco e ha scoperta una dimensione nuova legata al turismo. In un confronto senza pregiudizi su questo tema, accanto ai disagi oggettivi, bisognerebbe pesare anche i pro - e sono molti – generati da questo genere di eventi. La Città dei Balocchi, la rassegna che anima la città da fine novembre a metà gennaio e che provvede anche alla festa di Capodanno, è un piccolo grande volano dell’economia locale.È difficile stimare l’indotto ma è certo che, grazie ad essa, nel periodo natalizio hanno lavorato di più i negozi, i bar, i ristoranti, gli alberghi. Nel periodo natalizio ma non solo perché a giovarne è stata la stessa immagine di Como che, proiettata dai social in tutto il mondo, raccoglierà anche nei mesi futuri ciò che è stato seminato ora. Sulla bilancia dei pro andrebbero messi almeno altre due, tre circostanze. Primo, si tratta di una rassegna che vale circa 400mila euro in gran parte coperti da sponsor privati; un centinaio sono le persone coinvolte dal punto di vista lavorativo durante lo svolgimento dell’evento e quest’ultimo, circostanza non proprio secondaria, genera introiti diretti per il Comune tutt’altro che secondari se si pensa che, solo di tasse di occupazione del suolo pubblico, si parla di un conto pari a circa 60mila euro. Rinunciarvi conviene davvero? E quale sarebbe l’alternativa? Forse la cosa migliore è capire bene cosa può essere fatto per limitare i disagi e gestire con maggiore ordine i flussi di persone. Le idee non mancano e le risorse, se sono scarse come pare di capire, vanno trovate. Non è un’impresa impossibile organizzarsi meglio mettendo innanzi tutto in strada qualche vigile in più. Ce la possiamo fare.

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