Como, quando
il consiglio è in vacanza

Quando il consiglio comunale, o meglio, la maggioranza è in vacanza. Nel film di Billy Wilder si sorride e almeno si può ammirare una Marylin Monroe da urlo. A palazzo Cernezzi invece c’è davvero poco da sbellicarsi negli ultimi tempi. Più che ridere si litiga, ed è difficile capire se i musi siano lunghi per le polemiche o per i continui sbadigli.

La giunta di Mario Lucini, il presidente dell’assemblea, Stefano Legnani e i capigruppo di maggioranza stanno sottoponendo i consiglieri comunali a una vera e propria maratona di sedute per raggiungere il traguardo dell’approvazione di un bilancio pieno di tasse entro il 31 luglio.

Il sindaco e i partiti della coalizione che lo sostiene dicono che bisogna rispettare un termine di legge, pena la paralisi economica del Municipio e la perdita dei cinque milioni che la Cariplo è pronta a stanziare per sistemare Villa Olmo. Se fosse vero avrebbero ragione da vendere nel pretendere tempo e sonno ai consiglieri comunali. L’opposizione però sostiene che le cose non stiano proprio così e pare abbia ragione. Che la norma consentirebbe di arrivare addirittura a fine settembre per approvare il preventivo, e che tutta questa fretta sia dovuta alle valigie pronte della maggioranza già sul piede di partenza per le meritate ferie. Se la la verità fosse questa sarebbe grave. Primo perché il bilancio preventivo è l’atto più importante per stabilire cosa può fare il Comune in favore (o contro) i cittadini e perciò andrebbe esaminato con cura, tenendo presente anche i suggerimenti della minoranza quando vanno oltre il mero e poco funzionale ostruzionismo. Soprattutto se si presenta un documento contabile adeguato ai tempi che stiamo vivendo, di vacche magre e di sacrifici.

Secondo perché il rispetto delle istituzioni e dei cittadini non può essere subordinato al pur sacrosanto diritto alle ferie. Inutile ripetere che nessuno è stato minacciato con la pistola per fare il consigliere comunale e allora deve accettare gli onori (pochi) e gli oneri (parecchi) che la carica comporta.

Paradossale, poi, che a Como Lucini sembri voler riprodurre quello che sta facendo a Roma con i senatori il premier Matteo Renzi che il primo cittadino lariano non ha mai indicato come un modello. Anzi. Nella capitale, per aggirare l’ostruzionismo, il presidente del Consiglio intende far scattare la “tagliola” che riduce i tempi della discussione sulla riforma del Senato. A palazzo Cernezzi la maggioranza brandisce pinne, fucili ed occhiali. Certo, Lucini non ha torto quando dice che la città non può essere ostaggio della minoranza. Ma neppure la stessa opposizione può rimanere segregata per ore e ore nell’aula di palazzo Cernezzi solo perché ,con parte dei consiglieri di maggioranza spiaggiati o rampicanti sui sentieri di montagna, si rischia di andare sotto .

Sarebbe meglio fare chiarezza a questo punto. Dimostrare che l’urgenza è motivata, che la scadenza del 31 luglio ad altro non si deve se non alle leggi e alla necessità di fare girare al massimo regime il motore di palazzo Cernezzi.

Quando sedeva dall’altra parte del banco, durante i precedenti mandati, Mario Lucini accusava, e non a torto, la maggioranza di scarsa trasparenza. Non cada nello stesso errore. Se davvero la fretta è figlia delle ferie incipienti, dopo la stangata sull’Irpef comunale, a palazzo Cernezzi rischia andare in scena un altro film, ispirato all’opera di Woody Allen: “Prendi i soldi scappa”.

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