Due o tre cose che diciamo
al signor Maroni

Due o tre cose diciamo qui al signor Maroni, attuale presidente della Regione Lombardia. Precisiamo subito che non c’è nulla di personale o di politico legato ai partiti. C’è molto, anzi tutto, di senso civico e di amore per questa città. E, permettetelo, un po’ di onore per il ruolo e la professione dei giornalisti.

Il punto è quello annoso, noioso e ormai obbrobrioso delle paratie e del lungolago di Como. Il presidente ieri si è presentato da queste parti per dire alla tv locale «ora ghe pensi mì». E lo ha detto facendo intendere che tale decisione è frutto di una sua profonda e autonoma riflessione sul problema principe di questa comunità.

Ha ridicolizzato il ruolo del capo della struttura Italia Sicura della presidenza del Consiglio, Mauro Grassi, un tecnico. Sostenendo che quel tipo viene qui ma non ha alcun titolo, che nessuno lo ha chiamato e che pertanto lui non è tenuto ad ascoltarlo. Poi ha cercato di negare quanto scritto dal giornale “La Provincia” e cioè che lui e il sindaco Lucini sono stati convocati a Roma per dare un taglio al tira e molla sulla nomina del direttore dei lavori e che, una volta per tutte, si mettano d’accordo sul riavvio dei lavori e la conclusione del cantiere delle paratie.

Pur prendendola alla larga - “le interpretazioni dei giornali...” - il presidente ha cercato di smentire ed è finito smentito. Lo potete leggere in Cronaca. Il dirigente di Palazzo Chigi, Mauro Grassi, lo ha canzonato definendo le sue affermazioni «da Domenica sportiva». Simpatici ma pungenti sti toscani...

E il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Claudio De Vincenti ha replicato a stretto giro di mail che con Maroni aveva parlato in mattinata per convocarlo a Roma con Lucini. «Forse - ha cercato di giustificarlo De Vincenti - la linea telefonica era disturbata».

Ora, sinceramente, delle battute tra Maroni e i dirigenti del Governo faremmo volentieri a meno. E vorremmo invece che si risolvesse finalmente il problema del lungolago negato ai comaschi.

Le due o tre cose che diciamo al signor Maroni sono queste.

La prima è che lui è libero di scegliersi i giornali e i giornalisti con i quali parlare e quelli ai quali si nega. Sappia però che questo è lo stile dei dittatori non dei presidenti democratici.

La seconda è che sbaglia alla grande quando se la prende con il tecnico Mauro Grassi e con il sottosegretario della presidente del Consiglio Claudio De Vincenti. Non nel merito. Non abbiamo titolo per stabilirlo. Lui sbaglia nella forma e nella sostanza. Questi signori non si sono alzati un bel giorno grattandosi la testa e chiedendosi dove e di cosa potevano impicciarsi per sfuggire all’eterna noia della grande bellezza della capitale. Non sono capitati a Como come turisti per caso e si sono imbattuti nel cantiere delle paratie. Presidente Maroni il governo li ha incaricati di muoversi e di fare qualcosa perché lo hanno chiesto 60mila comaschi con le cartoline de “La Provincia”. Lo diciamo ancora #rivogliamoilnostrolago.

Il cantiere delle paratie è iniziato nel 2008 e dal 2012 è fermo lasciando la città, i comaschi e i turisti con uno scandalo che ha fatto il giro del mondo. Scusi, ma dove era lei in questi quattro anni di fermo cantiere? Al Pirellone. E sa cosa ha fatto? Ha donato cinque milioni al Comune di Como e fatto accordi con il sindaco Mario Lucini per una variante che l’Autorità anticorruzione ha definito illegittima. Lei si è impegnato, ha trovato i soldi, ha sostenuto il sindaco del centrosinistra e le va dato atto che non ha guardato a tornaconti politici. Ma aiutando Lucini e la sua amministrazione ha ingigantito il danno e allungato lo scandalo. Ora si è accorto che il Comune di Como non è in grado di andare avanti e dichiara che da martedì ci penserà lei. Perché lei vuole che le cose si facciano, ci mette la faccia e desidera che la gente sappia.

Caspita. Ma non poteva pensarci quattro anni fa?

Poi, perché fa passare questa sua ultima decisione come un bel gesto spontaneo e dice che poteva sbolognare la pratica all’amministrazione Lucini lasciandola nelle pettole? Lei sa benissimo, invece, che l’opera è della Regione e che il Comune è solo ente appaltante. Quindi è un suo dovere intervenire. Non è un gesto liberale.

La terza e ultima cosa che le diciamo è che le auguriamo con tutto il cuore che riesca a risolvere il problema delle paratie e ridia finalmente ai comaschi e ai turisti il lago più bello del mondo. Lo auspichiamo per lei e per questa città e la sua gente di cui, lo voglia o no signor Maroni, siamo i portavoce. E non c’è presidente di Regione che possa farci tacere.

Infine, una precisazione. Non consideri una mancanza di cortesia se nel titolo ci rivolgiamo a lei chiamandola signor Maroni e non presidente. Vede: “presidente” prima o poi non lo sarà più, mentre “signore” noi speriamo che lei lo possa rimanere sempre. Quindi, per il suo bene e per il bene di Como “buon lavoro”.

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