Forza Como
e tutti a nanna

Qui non c’è un problema di “fallimento del Calcio Como”, qui c’è un problema “Como”.

A Como, per dire, non ci vuole venire più nessuno. Solo i turisti inconsapevoli. E chi c’ha il villone tipo Clooney. Forse i Pokemon, ma non perché “vogliono”, semmai perché “ce li mettono a forza”.

A Como c’è un “casino-silenzioso”, stupido ossimoro per dire che tutti hanno ben chiaro quanto le cose non funzionino, ma nessuno fa niente perché “tanto ormai le cose vanno così”.

A Como se piove appena più del normale si spaccano i tubi, la città si trasforma in un distaccamento di Atlantide. A Como se nevica non sei a Como, sei in Lapponia. Solo che loro oltre a Babbo Natale hanno addirittura gli spazzaneve.

A Como se tifi per la tua squadra di calcio non devi sperare che vinca o pareggi, devi sperare che sopravviva l’anno successivo. Perché se qualcuno ci mette due spicci e un minimo di buona volontà, allora si gioca al Sinigaglia in qualche serie dignitosa, altrimenti “pazienza”, si ricomincia dagli inferi.

A Como va così, ormai tutto è normale perché ci si è adattati all’agonia. L’agonia è brutta, ma tanto prima di morire qualche fesso che ti dà la morfina lo trovi, e va bene così.

A Como posizionano in bella vista panchine che somigliano a piccole bare e fa nulla, tanto c’è di peggio al mondo. A Como passano a ritirare la monnezza in centro il venerdì sera mentre bevi il bianco e mangi salatini. A Como la gente parla di Cantù “che mercoledì sera è uno spettacolo di giovani in piazza e, però, forse si esagera”. E allora non si prova a imitare, perché se poi “si esagera” a Como è un proliferare di tromboni che si lamentano, e borbottano, e tutta un’altra serie rotture che non è proprio il caso di affrontare visto che ci sono “le priorità”.

A Como gli ex amministratori non vincono l’Abbondino d’Oro “al merito”, al massimo il Bassonino di Platino perché finiscono in galera. A Como il centro è bello ma solo se lo vivi da fuori, da turista, perché se invece se lì 365 giorni all’anno e hai meno di un secolo, allora vai a Cantù, a Milano, in Svizzera, ovunque ma non a Como.

A Como c’era il pallone e - badate bene - non era il carrozzone degli Higuain o dei Pogba, semmai il calcio dignitoso di gente dignitosa abituata a non chiedere “di più”, ma almeno il giusto sì, porca miseria.

Ci hanno tolto tutto: i “sogni”, “il giusto”, il “minimo sindacale” dovuto ai poveri cristi che si fanno il mazzo “sei su sette” e alla domenica si sarebbero accontentati della LegaPro, mica dell’Intercontinentale.

E vien da stringere i pugni, vien da bestemmiare, perché “qui”, a Como, neanche per sbaglio eravamo “gli ultimi”: eravamo abituati ai Maradona che calciano rigori, ai Sacchi che vincono scudetti, ai Marchesi che salvano squadre ridotte male ma comunque “da scudetto” quanto a dignità.

Ora la dignità è retrocessa, anzi, fallita.

Resta un coro di “innamorati di Como” che provano a lamentarsi ma sono destinati all’oblio, all’eco che va a scemare, perché ormai da queste parti è tutto normale: la viabilità organizzata a caso, il lago nascosto per una faccenda che se la racconti a un marziano davvero non ci crede, soprattutto il silenzio assordante di chi dovrebbe incazzarsi ma no, meglio lasciar stare. Tanto, a Como, ormai funziona così: alle nove strade vuote, alle undici tutti a nanna. Buonanotte. E “Forza Como”, certo, che tanto dirlo non costa niente.

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