I comaschi non si
fidano più del Comune

Se facessimo un referendum l’esito sarebbe tutt’altro che scontato. I commenti sul web non sono un campione statistico significativo, ma aiutano a percepire qual è l’opinione diffusa.

A dare retta a ciò che i lettori hanno scritto sul nostro sito, in un’ipotetica consultazione popolare vincerebbe e non di poco il partito di chi pensa che la Casa del Fascio debba rimanere alla Guardia di finanza. A favore di questa tesi giocano diverse circostanze. Conta, innanzi tutto, un’atavica propensione dei comaschi a lasciare le cose come stanno. Quando in gioco ci sono i gioielli di casa – sia il lungolago piuttosto che il capolavoro del Terragni – è pensiero comune che, nel dubbio,è meglio non avventurarsi in cambiamenti.

Conta poi l’affidabilità dell’inquilino (lo definiamo così perché nel cuore la Casa del fascio appartiene ai cittadini): nell’arco di sessant’anni la Guardia di finanza ha garantito una manutenzione impeccabile e specie negli ultimi anni ha dimostrato grande apertura anche sul fronte della valorizzazione culturale del bene di cui dispone. Prima la rimozione delle auto in sosta davanti alla facciata, poi il via libera a visite guidate ed eventi culturali quanto mai avvenuto nel passato.

Il consenso al partito delle fiamme gialle è poi alimentato dalla consapevolezza che i Comuni sono senza un soldo. Con quali risorse Palazzo Cernezzi provvederà alle spese per mantenere un immobile tanto prestigioso? Visto il trascorso degli ultimi mesi è legittimo il dubbio di un ulteriore aumento delle tasse locali.

Ma c’è anche un’altra circostanza che spiega quanto sia diffusa l’opinione che è meglio lasciare le cose come stanno. Ed è la sfiducia. Sì, il pessimismo a prescindere che sembra prendere i nostri concittadini quando di mezzo c’è il Comune. Tanta è la sfiducia che, in barba alla propaganda leghista, meglio lo Stato piuttosto che Palazzo Cernezzi. Una tale negatività, ovviamente, non può essere stata alimentata dalla sola giunta Lucini in due anni di governo anche se, evidentemente, i comaschi non hanno percepito un significativo cambiamento rispetto all’andazzo del passato. Pesano come un macigno vicende come la stato dell’area Ticosa il cui recupero è congelato da più di trent’anni o la vicenda delle paratie che ha dato fama sinistra a Como in tutto il mondo e su cui, ancora oggi, non si ha una chiara via d’uscita. Questo solo per citare i casi che, negli ultimi anni, hanno azzerato la fiducia dei cittadini nei confronti di un’istituzione – il Comune – che per definizione dovrebbe al contrario essere quella più vicina ai loro bisogni. Il giudizio pare impietoso ed è alimentato in massima parte dai risultati mediocri delle ultime amministrazioni cittadine ma anche dal livello scadente degli eletti, spesso inesperti, talvolta incompetenti, comunque inadeguati alla delicatezza del ruolo e alla complessità dei problemi. Certo, ci sono e ci sono state importanti eccezioni. Ma è lecito pensare che se al timone negli ultimi anni ci fossero stati, che so, uno Spallino o un Gelpi, il giudizio sarebbe stato molto differente.

La giunta Lucini ha l’obiettivo di cambiare rotta, di far percepire una svolta vera. Su tante questioni ma anche sul progetto culturale per Palazzo Terragni. I comaschi chiedono giustamente garanzie, sono generosi ma la fiducia non è mai incondizionata.

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