Il disastro infinito
della Sinigaglia

Sei anni di cantiere, due contenziosi con altrettante imprese e una ristrutturazione che fa acqua – nel caso di una piscina non c’è espressione più appropriata - da tutte le parti. Nel suo piccolo la Sinigaglia è un paradigma di come vanno le cose in Italia nel campo delle opere pubbliche. Tempi infiniti, ostacoli burocratici a non finire, costi che lievitano anche in virtù delle parcelle degli avvocati.

L’ultima puntata è di ieri con la conferma che la piscina non potrà riaprire a settembre: occorre attendere che il consulente tecnico del giudice accerti con un sopralluogo la natura e soprattutto le responsabilità per lo stato di grave deterioramento della vasca. La valutazione del perito sarà probabilmente decisiva al fine di capire chi dovrà pagare per la situazione attuale. Toccherà all’impresa che ha svolto i lavori? Oppure dovrà ancora una volta pagare il conto il Comune? Vedremo, per ora il disagio concreto è degli abituali frequentatori dell’impianto (ottocento gli iscritti ai corsi della passata stagione) che dovranno aspettare perlomeno ottobre per tornare a nuotare.

Un mese di attesa non è molto ma la circostanza è amara guardandosi alle spalle a considerare le mille traversie che hanno caratterizzato la ristrutturazione della piscina, quella storica Sinigaglia che tredici anni fa la giunta di centrodestra decise di trasformare in un moderno impianto per il nuoto con tanto di piccolo centro benessere. Sì, sauna e bagno turco – così fu presentato allora – per intercettare la clientela degli alberghi cittadini. Un bel sogno, a essere generosi, quello della spa per gli stranieri alloggiati in centro. Un sogno che è rimasto tale.

L’alternativa – va chiarito – era chiudere tutto. Ma il risultato – non se ne dolga il progettista che ha dovuto lavorare tra i mille vincoli monumentali posti dalla Soprintendenza – è un vorrei ma non posso su cui, forse, sarebbe stato necessario fare una pausa e riflettere.

La piscina è nel cuore di generazioni di comaschi ed è un gioiellino monumentale, incastonata com’è nel complesso sportivo dello stadio. Sulla funzionalità e sui relativi costi di gestione, invece, ci sarebbe molto da dire. E del resto forse non è un caso se la sua riqualificazione è stata tanto tormentata. I lavori iniziarono la bellezza di tredici anni fa. Il primo lotto finì con un il solito ribasso record a un’azienda romana. Fu uno strazio infinito il cui, inevitabile, esito è stato molti anni dopo in tribunale. Poi la seconda fase dell’intervento terminata nel 2007. Nel complesso un vero e proprio record di inefficienza che, a suo tempo, ha lasciato la convalle senza una vasca pubblica per ben sei anni di fila. Con l’inaugurazione sembrava la fine di incubo e invece no.

Da mesi Csu, la società che ha in gestione la piscina, registra il progressivo deterioramento del rivestimento vasca. Le piastrelline saltano su che è un piacere ed è stato inevitabile coprire le parti più deteriorate con un telone in pvc. Una soluzione di emergenza, oggettivamente poco consona a quello che sembrava destinato ad essere l’impianto sportivo di punta della città. Anche in questo caso, tra qualche anno, un elemento di chiarezza maturerà in tribunale. In Italia c’è un giudice per tutto. E i comaschi si mettano il cuore in pace: la saga della Sinigaglia non finirà a breve.

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