Il Lario e il cinema
vocazione incompiuta

la vocazione di Como per il cinema compie 120 anni. Noir in Festival, importante kermesse che ha scelto le sponde lariane per la sua XXVI edizione e che verrà presentata oggi alla stampa, arriva come una ciliegina sulla torta, o meglio come un “regalo di compleanno”, nel mese in cui ricorre l’anniversario della prima proiezione pubblica in città, che si tenne il 16 dicembre 1896 nel foyer del Teatro Sociale. E proprio la massima sala cittadina, più che mai “casa di tutti” e di tutte le arti, ospiterà il nuovo (per Como, non certo per gli appassionati del genere che lo seguono da 5 lustri) festival.

E’ importante aggiungere altri due dati storici, rispetto alla vocazione lariana per la settima arte: sicuramente è cominciata prima della nascita degli stessi fratelli Lumière, per la precisione nel 1799 quando Alessandro Volta inventò la pila, ma con altrettanta evidenza il legame privilegiato tra la nostra città e il cinema non ha ancora dato quegli esiti internazionali e duraturi, che sono invece stati raggiunti in altri lidi. Della prima considerazione, e cioè che la pila sia, per dirla con Einstein, «la basa fondamentale di tutte le invenzioni moderne», cinema incluso, le prove sono innumerevoli: l’anno prossimo, per esempio, ricorreranno non solo i 190 anni della morte del grande fisico comasco, ma anche i 110 del primo cinematografo stabile aperto in città, che non a caso fu chiamato “Volta” e aveva sede in un locale annesso all’Arena del “solito” Sociale; contemporaneamente, a Dublino, si festeggerà il decennale del “Volta award”, un importante premio cinematografico che viene assegnato dal 2007 a star internazionali (da Al Pacino ad Ennio Morricone) in ricordo del primo cinema irlandese, il “Volta electric theatre”, fondato nel 1909 da James Joyce. Del resto, come disse Hitchcock nella celebre intervista a Truffaut: «Non esistono volti finché la luce non li colpisce». E macchine da presa e riflettori non si sarebbero mai accesi senza Volta, come hanno voluto ricordare le numerose intitolazioni di sale cinematografiche .

Proprio Hitchcock si può considerare un simbolo incarnato tanto del legame di Como con il cinema quanto della difficoltà a fare di questa vocazione un segno distintivo (e anche produttivo). Nell’inverno del 1924 il venticinquenne Alfred approdò per la prima volta sul Lario alla ricerca di un set, in veste di aiuto regista di Graham Cutts per il film “Il peccato della puritana”. Il maltempo mandò all’aria i loro piani, ma proprio l’aura di mistero, che caratterizza il nostro lago quando le condizioni atmosferiche sono avverse, fece innamorare il futuro “maestro del brivido” di questi luoghi. Così l’anno successivo tornerà da regista, per ambientarvi la luna di miele dei protagonisti del suo primo film, “The pleasure garden”, e dopo altri 18 mesi trasformerà la finzione in realtà, scegliendo le rive lacustri per il proprio viaggio di nozze. Esattamente novant’anni fa, visto che si era sposato il 2 dicembre. Due dei tre set comaschi del suo primo film (Villa D’Este e l’Isola Comacina) rimasero nel cuore di “Hitch” per tutta la vita, e lo vide ritornare in vacanza con la moglie fino al 1972. Tutto questo in altre città avrebbe dato il “la” a itinerari hitchcockiani già da tempo e magari a un invito al maestro, quando era ancora in vita, a non girare soltanto una scena nel Comasco, ma un intero film. Perché proprio il minutaggio spesso minimo della presenza del Lario negli oltre cento film di cui è stato set grazie alla sua indiscussa bellezza («Il più telegenico dei laghi italiani» lo definì Morandini) è un sintomo della debolezza di noi comaschi, quando si tratta di cogliere le opportunità culturali ed economiche offerte dalla settimana arte.

E se il momento propizio per realizzare questa ultracentenaria vocazione fosse giunto? Gli indizi il tal senso sono tanti: il Noir in Festival non sarebbe arrivato qui se non fosse stato invitato e sostenuto da chi - Amici di Como, Consorzio Como Turistica e Associazione albergatori - anni addietro aveva già fondato la Como Film Commission, che era riuscita a portare sul Lario produzioni come “Star Wars”, “Ocean’s Twelve” (con il supertestimonial del Lario George Clooney) e “ Casino Royale”. Quella film commission che però è in sonno da anni: non è il momento di risvegliarla, così evitiamo che qualcun altro vada a ricostruire il lago di Como in Croazia, per ragioni di costi e facilitazioni, come è accaduto con l’ultimo 007? Egualmente, chi scrive, non avrebbe prodotto le guide cineturistiche “Le stelle del lago di Como” e “Lombardia superstar”, se dietro non vi fossero una Camera di commercio e una Regione che negli ultimi 5 anni hanno creduto nel cinema come chiave di lettura, promozione e sviluppo del territorio. Lo stesso vale per il Lake Como Film Festival: quale luogo più adatto di Como, del suo lago e della Brianza per una kermesse dedicata al cinema di paesaggio?
Però un’altra ricorrenza, quella del primo Concorso internazionale di cinematografia turistica e scientifica, inaugurato in pompa magna a Villa Olmo il 26 settembre 1936, ci ricorda che passione e buona volontà non bastano. Quello che avrebbe dovuto essere “l’appuntamento annuale di tutti gli scenografi italiani” si spense rapidamente per concentrare tutta l’attenzione, dei cinefili e del governo, sulla Mostra internazionale di Venezia. Una città, quella lagunare, che nel suo festival si è identificata, così come hanno fatto Mantova, Pordenone, Spoleto e altre in campi diversi. Possiamo riuscirci anche noi?

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