La campagna elettorale
che vorrei per Como

Schisci. Stare schisci, nel senso di prudentemente appiattiti a terra, attenti a non esporsi a ogni tipo di fuoco, amico e nemico, alle spalle o incrociato. “Stai schiscio” è un comandamento che a Como si impartisce dalla più tenera età. È una regola comportamentale che, per quanto non esprima una visione etica particolarmente nobile o elevata, ha anche una sua intrinseca saggezza: meglio stare nell’ombra se alla luce viaggiano pallottole e coltelli.

La campagna elettorale in corso a Como è l’esatta sintesi di questo precetto. I candidati? Tutte bravissime persone, giustamente concentrate sul concreto, serie e posate. Ma, almeno per ora, più schisce di una ciabatta.

Risultato? Come ha ben scritto Francesco Angelini, noia profonda. In quanto a lucentezza ed allegria, questa campagna comasca ha poco da invidiare a quella bielorussa.

E allora, tanto per non sembrare uno di quelli che “sanno solo lamentarsi” (altro tipico prodotto locale ai vertici mondiali), non sto schiscio e provo a buttare là un mio bislacco, improbabile, maldestro contributo. Solo formale, s’intende. Per ognuno dei sette candidati sindaco uno slogan pronto per l’uso, senza alcun diritto di agenzia. Un messaggio su cui giocarsi la propria reputazione, un contributo da cestinare all’istante ma buono per immaginare, almeno per qualche secondo, una Como un po’ meno spaventata della propria voglia di sorridere e scherzare.

Allora, pronti? Si parte! L’ordine sarà del tutto casuale.

Alfabetico solo per il primo: Fabio Aleotti, Movimento 5 Stelle. Il consiglio è per un messaggio semplice, diretto, pronto per il web (territorio prediletto dal Movimento). Volendo marcare una distanza dalle altre sigle o dalla genericità di Forza Italia, vedrei un nuovo urlo da curva, ma questa volta lariana. Un’allitterazione accattivante, facile da memorizzare e con una buona propensione a diventare virale: ALEOTTI ALE’! Degno di considerazione anche l’eventuale raddoppiamento eufonico: ALE-ALEOTTI ALE’!

Ma veniamo a Bruno Magatti, Civitas Progetto Città. In continuità col nome stesso della lista, propenderei per uno slogan riflessivo, colto, pensoso. Ben lontani dal clima da stadio, si potrebbe ipotizzare un messaggio magari un po’ criptico ma capace di spiazzarti. Un invito alto, di forte valenza sociale: NON SIATE PECORE, MAGATTI. Un messaggio che si capisce il mattino successivo ma che intanto lavora dentro, scava e non mancherà di dare i suoi frutti. La versione radiofonica potrebbe essere quella più centrata, magari corredata di belati e finale miagolio.

È’ il turno di Alessandro Rapinese. Qui urge recuperare la grinta delle uscite più eclatanti. Si impone la scelta per un messaggio ardito, iperbolico, spudorato. Si tratta di lanciarsi in una comunicazione che non ammette mediazioni, che non cede a compromessi, che esclude soluzioni accomodanti. Uno schiaffo al politically correct: O RAPINATI O RAPINESE.

Ed eccoci a Maurizio Traglio, Partito Delocratico, Italia dei Valori e Svolta Civica. Qui c’è da marcare il segno del distacco, del deciso smarcamento da ogni predecessore. E allora sorprende che in agenzia ci si sia fermati sulla soglia della “Svolta Civica”. Io affonderei il colpo con un tuonante: DIAMOCI UN BEL TRAGLIO! Uno slogan vigoroso, ammiccante con cui la parte visual potrebbe felicemente dialogare: forbicione in azione sul lungolago, nell’area Ticosa? sul traffico? Non manca certo il materiale per una martellante campagna seriale.

Ma ora concentriamoci su Mario Landriscina, Lega Nord, Forza Italia e Fratelli d’Italia, Alternativa Popolare. Qui il cognome non regala grandi inviti al calembour. Meglio ascoltare i consigli del mentore Silvio Berlusconi e puntare tutto sul ruolo socio-professionale. Se il cavaliere fu il presidente-operaio, il comasco dovrà candidarsi come il sindaco-medico. Ma bando a toni funesti, quadri diagnostici, cartelle cliniche. In omaggio a Silvio, il tono dovrà essere sdrammatizzante, positivo, rassicurante. Anche un po’ sopra le righe. E allora già vedo il manifesto: Landriscina in primo piano e sopra la sua testa l’elicottero del 118. Lo slogan? UN SINDACO CON LE PALE.

Per rimanere in tema, va da sé che se Celeste Grossi fosse la candidata della Lega, con un cognome del genere ci sarebbe da andare a nozze. Ci si sarebbe potuti sbilanciare anche in una maschia campagna comparativa. Ma qui siamo proprio sul fronte opposto, per quanto non meno propenso ad accendere i toni. Per questo vedrei una scritta cubitale, rossa fiammante, bella aggressiva: GRRROSSI, LA CITTA’ CHE RUGGISCE.

E poi c’è l’ultimo arrivato, Francesco Scopelliti, Como Futura, Giovane Como. Qui la faccenda è semplice: puntare tutto sul nome proprio. Tralascerei tutto il resto per concentrarmi sul fulgido significato che quel nome oggi può evocare. Solo il nome, anche per esorcizzare l’imbarazzo di essere scambiato per il più noto fratello Giuseppe. Il manifesto? Il candidato di spalle con i figli al fianco, la cupola del duomo sullo sfondo, e una scritta gialla su bianco: VOTA PAPA’ FRANCESCO.

Ecco, mi sembra che abbiamo terminato. Si è fatto per scherzo, s’intende, un po’ per gioco, un po’ per affetto, ma che bello sarebbe se nelle prossime settimane ci fosse nell’aria, sui muri, in tv, su queste stesse pagine un po’ meno paura di sorridere di sé.

In fondo, di che aver paura? È a furia di star schisci che si rischia di sparire.

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