La Regina, le code
e la vecchia, solita Anas

Errare è umano, perseverare è diabolico. Per il resto, c’è Anas. Già, l’Anas. Figura mitologica che i genitori laghée evocano coi bimbi cattivi come il babau: «se non fai il bravo ti mando sotto la galleria di Valsolda e ci resti minimo dieci anni, al buio, prima che la finiscano». Un mostro che sotto sotto vive, dicono, anche se noi mortali ne notiamo soltanto gli eterni letarghi e le rare esternazioni, quasi sempre intempestive.

Un letargo è quello iniziato domenica 8 ottobre, quando sulla statale Regina si sono formati 14 km di colonna da Lenno a Laglio, a causa di un semaforo che regola un senso unico alternato di cento metri (!) su un “quajett”, stretta e ripida valle tra Brienno e Laglio. Il ponticello che la scavalca va rifatto: i lavori, tempo previsto due mesi, inizialmente programmati con grande sagacia in luglio, vengono rinviati a furor di popolo in ottobre. Segnaletica e regolamento del traffico sono demandati all’azienda appaltatrice che prevede un semaforo. Ora, i semafori vantano, beati loro, dei modelli “intelligenti” che grazie a un radar “leggono” la presenza di auto e regolano di conseguenza l’alternanza tra rosso e verde. Per motivi che sfuggono, il semaforo di Laglio è però di quelli poco scaltri, regola un bel niente e accende il verde per il medesimo tempo, salita e discesa, quando da una parte c’è una coda di 14 km e dall’altra poche auto in attesa. Risultato, ore di colonna, valanghe di improperi uditi sino all’empireo, proteste di sindaci, residenti, imprenditori, turisti e villeggianti, che gridano tutti allo scandalo, giustamente.

Così settimana scorsa si levano voci a chiedere un semaforo intelligente o, almeno, un paio di movieri. L’Anas, bontà sua, si scusa. Serve a qualcosa? Macché. Passa una settimana e l’altroieri, domenica, tutto si ripete, forse peggio. Code da Portezza di Tremezzo (16 km), ore di attesa, nell’aria il sapore di una solenne presa in giro. E sì che stavolta, assicura l’impresa di Catanzaro, il semaforo è di quelli “intelligenti”, anche se non lo dimostra.

Ci sarà di mezzo anche la sfortuna ( è capitata la frana di Argegno, imprevedibile ma gestita male, toh, e in questi weekend di sole c’è stata molta più gente del previsto), ma quel che emerge, e francamente irrita, è il comportamento di Anas, che prima non vigila e non interviene, poi si sveglia di soprassalto e, anziché vergognarsi, spara: “troppe code domenica? Colpa delle auto che passano con il rosso e che fanno sballare i tempi del semaforo”. Incredibile.

La gestione di questa vicenda, poco più che un’inezia per un’impresa delle dimensioni di Anas, dà la misura di come venga ignorata la peculiarità della Regina, trattata come una strada di pianura qualsiasi, dove se apri un cantiere ci sono venti alternative. Qui, e non dovrebbe essere il caso di ricordarlo, di alternative non ce ne sono, salvo il lago; le alternative qui si chiamano misure per attenuare i disagi: movieri in loco e pannelli informativi un po’ ovunque. Ma che siano aggiornati, ‘sti benedetti pannelli: per un mese, anche in autostrada, è comparsa la scritta “Frana, code tra Cernobbio e Argegno”, quando code non ce n’erano. E i pannelli domenica indicavano “Corsia chiusa ad Argegno”, mentre migliaia di automobilisti erano in coda per decine di chilometri. Grazie dell’informazione. Risultato: noi autoctoni sappiamo che le informazioni sono tardive o inattendibili, ma un viaggiatore normale, magari, ci crede pure e, nel primo caso sta alla larga dal lago e, nel secondo, si trova infilato in coda senza saperlo. Ci sarebbe da ironizzare, non ci fosse in ballo tutta l’economia locale: aziende, alberghi, ristoranti, esercizi, attività che hanno deciso di allungare la stagione turistica. Posti di lavoro, insomma. E senza contare i residenti.

Adesso pare che nel prossimo weekend i movieri ci saranno, alleluia. La legge di Murphy dice che sicuramente pioverà e la Regina sarà deserta, staremo a vedere. Resta il fatto che questa storia genera interrogativi inquietanti. E quando non si dovrà gestire un banalissimo “quajett” ma, puta caso, la variante della Tremezzina? Meglio non pensarci. Meglio il letargo. E il silenzio.

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