La scelta della Camera
e il dovere che guida

Non sarà un’avventura: le Camere di commercio hanno davanti la scelta che riguarda l’impegno di una vita. La loro e quella del potenziale, o dei potenziali partner.

Una scelta strategica che avrà ripercussioni concrete, soprattutto per chi ha messo in campo azioni di ampio respiro attraverso l’ente camerale e Como è tra questi. L’esempio del Parco tecnologico scientifico di Lomazzo parla chiaro: si sono investite forze ingenti, coinvolgendo le banche e facendo squadra, per investire sui giovani e sulle imprese in erba.

Sono decisioni che richiedono coraggio. Sia nella fase progettuale, sia in quella di costruzione e infine in quella della prosecuzione, non meno delicata. Altrove (pure in terre molto vicine) realtà come i Poli tecnologici non hanno avuto analoga fortuna, forse anche perché se n’è occupata più la politica, non l’ente camerale che sul Lario ha svolto davvero una preziosa supplenza diventando docente di ruolo a tutti gli effetti.

In questi giorni si sta dibattendo della provocazione lanciata su “La Provincia”: piuttosto che indebolirsi o rischiare comunque un’autonomia limitata, perché non pensare a un ponte con il Ticino? Ipotesi tecnicamente ardua per tutta una serie di motivazioni e il confine è solo una di queste. L’importante è comunque discuterne e far uscire il confronto da poche stanze. Perché la Camera di commercio troppo spesso è vista in modo distorto o distratto dai cittadini e in questo senso un momento delicato può trasformarsi in un’occasione: quella di sentirsi tutti partecipi, tutti coinvolti.

Nei mesi scorsi si sono susseguiti commenti sdegnati sulla decisione del Governo Renzi di mettere mano in maniera apparentemente impetuosa agli enti camerali. Lo si è accusato di agire in modo indifferenziato, quando le Camere di commercio virtuose superano di gran lunga quelle traboccanti di magagne.

Ma, appunto, questa partita può diventare la chance di guardarsi dentro, come si dovrebbe fare quando si decide di legare le proprie sorti a qualcun altro. Un matrimonio è a due, tuttavia riguarda sempre anche altri, che già ci sono o verranno.

Le Camere di commercio sono le aziende. Aziende che si devono iscrivere per esistere e lavorare. Nei loro confronti c’è dunque un impegno, un obbligo morale che è scontato e nello stesso tempo è sempre bene porsi davanti agli occhi. Con le loro risorse si portano avanti le sfide.

Non sarà un’avventura, né questa partita delle fusioni, né altre possibili scelte del futuro, se durante le riunioni e non solo ogni rappresentante camerale, ai vari livelli, si ricorderà ogni volta ciò che l’attende in azienda o in ufficio: l’impegno quotidiano, per sé e per gli altri, per i suoi dipendenti. Gli impedimenti, le tribolazioni, la passione che permette di superare i primi due. Anche il pragmatismo, quello di cui va giustamente fiero il presidente Ambrogio Taborelli.

Il ruolo, l’appartenenza a questa o quella associazione, può contare, ma fino a un certo punto.

La sfida più bella e difficile, in questo tormentato Paese, è assomigliare a ciò che si è. Non a ciò che si critica, ad esempio ai partiti. Bandito il dividersi, raccomandato il coinvolgere più possibile gli altri. Che altri non sono: perché le aziende sono la Camera di commercio.

[email protected]

@MarilenaLualdi

© RIPRODUZIONE RISERVATA