La svizzera complicata
e le certezze perdute

Volevamo assomigliare agli svizzeri, ma sembra sempre più che i vicini di casa imitino noi. Nelle complicazioni.

Altro che relax estivo: questo periodo è diventato torrido per le imprese e i lavoratori comaschi che varcano il confine. E lo fanno per prestare la propria opera, con una presenza non certo imposta, ma richiesta dal mercato.

È già una conquista che il nuovo albo introdotto per regolare (leggi, limitare) i padroncini italiani abbia ricevuto un prezioso rinvio al primo ottobre. Vale a dire le sanzioni - salate - non scatteranno prima di allora: frutto di una paziente opera di confronto e persuasione in cui anche Como ha giocato con decisione il suo ruolo. Ma non solo: la notizia di questi giorni è che pure sui costi è in arrivo un cambiamento di rotta da parte delle autorità ticinesi. Importante per le aziende ticinesi, figurarsi per quelle comasche che devono pagare la stessa ingente cifra, salvo poi avere la possibilità di lavorare per un periodo limitato rispetto alle imprese del territorio.

Sarebbe stata un’estate da incubo per le attività economiche di Como e delle altre province di confine. Nella corsa ad ostacoli che sembrano dover affrontare sempre più negli ultimi anni per svolgere il loro lavoro, ecco che già c’è lo stop forzato dovuto alle vacanze collettive del Ticino per l’edilizia. Tutto regolare, è una pausa sancita dal contratto.

Ma intanto per due settimane in agosto niente possibilità di darsi da fare e guadagnare varcando la frontiera svizzera. Altro bastone nelle ruote.

Se le imprese piangono, i frontalieri che quotidianamente si recano nelle aziende ticinesi hanno un’ulteriore preoccupazione. Sarà sancita a sua volta dal primo di agosto, tranne contrordini dettati dal Tribunale federale.

Si tratta della tassa di collegamento, l’imposta che è stata introdotta dall’esecutivo con l’intento di ridurre il traffico. Uno dei problemi più spinosi, che contribuiscono a innervosire gli abitanti.

Qui mal comune e gaudio zero. Perché a fermare - o meglio a far sospendere dopo il mancato alt dal referendum - l’applicazione potrebbero essere proprio le imprese del Cantone, attraverso i ricorsi. Aziende che sono allarmate per l’effetto della tassa di collegamento sui loro conti, da un lato. E che possono rivalersi sui loro dipendenti.

Il filo conduttore però non è solo che ciò accada nel periodo estivo. Piuttosto, la complessità o l’insicurezza (in alcuni casi, entrambi le cose) che accomunano queste vicende.

La chiarezza e la certezza erano un patrimonio svizzero, uno di quelli incalcolabili per un Paese come il nostro tormentato da regole in crescendo e incomprensibili. Adesso, per la prima volta, abbiamo sentito piccoli imprenditori sospirare: «Quasi meglio la burocrazia italiana».

Un’affermazione di evidente gravità, tanto più pensando al grido di dolore che compare negli interventi dei singoli artigiani e nelle manifestazioni delle associazioni: il fisco non sta mai da solo sul banco degli imputati, suo compagno fedele è proprio la burocrazia.

Ora , è vero che temi come la Lia dividono il Ticino dalla Confederazione elvetica. Che le tensioni tra i due fronti sono state e continueranno a essere pesanti da questo punto di vista.

Ma in un’estate drammatica come questa, questo mito vacillante non contribuisce a infondere fiducia. Con la speranza che il segnale di buona volontà sull’albo dei padroncini non sia un segno isolato e che le complicazioni, quelle sì, vadano in vacanza.

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@MarilenaLualdi

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