Le Primavere e l’orgoglio
di essere di periferia

Orgoglio, ospite inatteso alle Primavere, si è presentato alla “prima” a teatro, dignitoso e composto come da consuetudine comasca e dintorni, ma non inosservato. Di lui si è accorto anche Giacomo Poretti che lo ha nominato quando ha parlato della sua periferia di formazione, tra l’affettuoso e lo scanzonato, mentre descriveva i tortuosi percorsi geografici e sociali dell’alto milanese dove ha svolto il duro apprendistato nei cabaret. «Siamo gente di periferia – ha detto mercoledì sera parlando di sé, del trio comico con Aldo e Giovanni e del tema della rassegna Primavere 2017 – ma lo dico con orgoglio» ha subito aggiunto a ripulire la parola da ogni accezione negativa. Ed era ora che qualcuno lo facesse, perché in qualche modo le periferie attraversano tutto e tutti. Como ne è un crocevia: è la periferia della Lugano del lavoro, del Como Lake jet set, dell’area metropolitana e pace se ancora ci vuole un’ora delle Nord per arrivare in “centro” come ai tempi di Gadda, dei migranti africani che sognano l’Europa ricca e invece si infrangono al nostro argine, quello ben saldo del confine, non quello incerto delle paratie. Sicché anche noi periferici e con orgoglio.

Di una periferia laboriosa, “fucina feconda di talenti, di eccellenze, di gente che scommette su un’idea, su una passione, di personaggi che, proprio per il fatto di essere periferici, hanno una sensibilità particolare che ha qualcosa da dire a tutto il mondo” lo ha detto Michele Brambilla che comasco non è ma che è stato direttore di questo giornale e sa di chi parla. In questa primavera di transizione politica si percepisce una voglia di riscatto.

Quel desiderio di appropriarsi della propria città, centro o periferia poco importa, l’abbiamo riconosciuto nella determinazione divertita dei vandali in giacca cravatta bon ton e sorriso quando sono andati in massa deturpare con i lucchetti colorati le griglie del cantiere che mancherà solo ai cigni. Nessuno è andato fuori dalle righe, ci mancherebbe, ma sempre di un gesto di protesta si è trattato. #rivogliamoilnostrolago è stata una bella campagna di partecipazione ma soprattutto una dimostrazione di orgoglio civico, Como ha alzato la testa. Forse. Quella stessa città mercoledì sera ha riempito il Teatro Sociale di Como, folla di amici, tantissimi i ragazzi e le ragazze, per la prima serata di una rassegna che si svolgerà tra Como e Lecco in nome delle Periferie che hanno cancellato confini obsoleti e porteranno luce e colore dove c’è sempre ombra: nella malattia, vecchiaia, infanzia.

Vedremo periferie che contagiano il centro e si animano di colore. Retorica, utopia? Si, è vero. Ma intanto qualcosa succede nel cuore più antico di Como, al Chiostrino di Sant’Eufemia, dove il teatro, ancora lui, unisce i cittadini e gli invisibili.

Ogni mercoledì comaschi come quelli di prima, con giacca cravatta perbene, e comaschi senza casa, senza niente, con storie da dimenticare si trovano e insieme fanno un corso di teatro con maestri professionisti che, senza percepire alcunché, uniscono esperienze umane dissimili, centrali e periferiche scegliete voi a chi attribuire l’una e l’altra caratteristica, e li mettono insieme a recitare su un palcoscenico.

Non da ieri, da oltre un anno. È stato Marco Martinelli, il presidente di Incroci, l’associazione di volontari della mensa serale del Don Guanella, che nell’ascoltare quello che si intende per periferie dell’esistenza ha pensato all’esperienza del Chiostrino costruita con pazienza delicatezza e discrezione dalla rete grave marginalità di Como, che cuce relazioni tra chi è ai margini e tutto il resto, proprio nel salotto del centro. Embrioni di sperimentazione per contaminazioni possibili, macchie di colore nel grigio, risvegli.

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