Lorena: la forza

eccezionale dell’amore

Ci sono casi in cui la morte non riporta che una vittoria sul campo, un successo parziale, di certo obbligato, ma non totale, ineluttabile. Casi in cui la vita la contrasta fino a fermarla, ad allontanarla per mesi, addirittura per anni, e c’è da pensare che la signora in nero ne resti ammirata, sorpresa da una volontà che qualche volta va oltre l’umana comprensione.

Lorena Beretta la morte l’ha sfidata a testa alta, per giorni e giorni, aggrappandosi alla forza eccezionale dell’amore, alla voglia di essere di nuovo madre nonostante la malattia, i dubbi per il figlio che portava in grembo, il suo futuro di donna e di moglie. Oggi Lorena non c’è più, il male sembra aver vinto, portandosi via il suo corpo ma non ciò che lei ha desiderato con ogni sua fibra, la vita di Davide, che ha otto anni e custodisce dentro di sé la memoria biologica di sua madre, i pensieri i dubbi le angosce e i sorrisi di quei nove mesi trascorsi nell’attesa della cosa più bella, avvenuta perché non sarebbe potuto essere altrimenti.

Sei anni fa il caso di Lorena Beretta di Lipomo raggiunse la ribalta nazionale, con un collegamento a “La vita in diretta” su Rai Uno: una donna aveva lottato contro un tumore maligno all’utero, ma deciso di proseguire la gravidanza, di concerto con i medici del Sant’Anna di Como. A 41 anni, aveva rischiato la sua vita e quella del nascituro, ma Davide era nato il 9 ottobre 2006, bello e sano, fratellino di Gaia e smentita di un fato qualche volta in errore.

Il coraggio e la forza psicologica dimostrati da Lorena, ricordano quelli delle madri di guerra, donne piegate dal dolore e dallo strazio per la perdita del marito in battaglia, ma decise a far nascere il frutto di un amore a volte disperato, il figlio che avrebbe restituito loro lo sguardo, le movenze, la voce dell’uomo amato. Una volontà che superava la miseria, l’assoluta incertezza del futuro, e trovava come pilastri fondanti a volte la fede a volte il ricordo, la memoria di una perduta bellezza dei sensi e di una primavera che non sarebbe mai tornata.

Viene in mente uno dei momenti più toccanti dell’“Anna Karenina” di Tolstoi, quando Kostja Levin e la moglie Katerina arrivano al capezzale di Nikolaj, fratello di Konstantin condannato dalla tisi. Nel momento stesso della sua morte, nel ventre di Kitty il bimbo si fa sentire per la prima volta, dimostrando che la vita è comunque vittoriosa, anche se qualche volta richiede sacrifici terribili per trionfare. Succede alla morte e ne scaccia subito il ricordo.

Quando seppe di essere incinta, Lorena non ci pensò molto, i medici l’avevano in qualche modo rassicurata, ma la sua decisione sarebbe stata la stessa altrimenti, Davide sarebbe nato, per vincere il Golia del male, una madre non sbaglia, il suo istinto non la tradisce mai, se lo vuole può piegare il destino, deviarlo per qualche tempo.

Lo stesso sta facendo Matteo Vivenzi di Canzo, che nel 2013, a 21 anni, ha saputo di avere un tumore al midollo osseo, subìto tre interventi e continua a sorridere, pensando a cosa gli riserverà presto la vita, non un figlio come per Lorena ma un corso di studi all’estero, l’Erasmus, alle isole Canarie.

Mentre la cronaca ci racconta storie di follia e degrado, come quella della madre che ieri a Roma ha ucciso due figli, o altre di adolescenti vittime dell’alcol e della droga, Lorena e Matteo brillano vicino, come una stella dopo il temporale.

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