Passaparola. Così gli occhi del mondo sul Lario

Giri il mondo e trovi Como. Senza barriere, di Paesi o di settori, perché è davvero sempre più trasversale la competenza mostrata dalle aziende lariane.

L’ha raccontato nei mesi scorsi l’Esposizione universale, con le creazioni più apprezzate che - guarda caso - portavano la firma del mondo produttivo comasco. Ma ogni giorno svela un passo avanti, un traguardo anche inaspettato. Perché ad esempio - per riprendere un caso di oggi - colpisce che la nuova vita dell’hotel legato al Watergate sia dovuta anche all’opera di un’azienda di Figino Serenza.

Una località che gli americani difficilmente saprebbero individuare sulla mappa, ma ovviamente parla l’eccellenza, e grazie al passaparola. Non importa se l’impresa sia grande o piccola (caratteristica, quest’ultima, che accomuna la maggior parte delle attività produttive sul territorio), conta ciò che sa fare. E se nasce una partnership con un professionista famoso, si dà il meglio e si è pronti a incassare un altro contratto.

Il vecchio passaparola, nel nuovo mercato globale: come un tipo di carburante usuale, che viene potenziato via via e permette di andare a una velocità impressionante. Il che non significa che tutto il percorso sia in discesa o senza tenere le mani sul volante. Non si potrà mai finire di rimarcare quanto sia ricca, ma anche fragile, questa nuova miniera di opportunità per le imprese.

Un artigiano abituato a esportare gran parte dei suoi prodotti nell’intero pianeta, ha ben messo a fuoco il problema con un’immagine semplice ed efficace recentemente: se Obama ha l’influenza, io tremo. Ogni conquista permette di andare più lontano. E andare più lontano significa essere applauditi, come pure sentirsi soli e fragili. Tanto più con un Paese alle spalle, che non sembra proprio specializzato nell’accompagnare le sue aziende nelle missioni all’estero, anche se qualcosa in alcuni settori sta lentamente cambiando.

È l’eccellenza, che parla, convince, sprona a concludere nuovi accordi con le nostre imprese. La targa non è comunque secondaria. Gli stessi americani che non conoscono certo a menadito la cartina della provincia, sono pronti a cadere ai piedi di una sola espressione: Lake Como.

Un brand solido, ammetteva l’assessore regionale Mauro Parolini ospite in città un paio di giorni fa. Per il turismo, ma anche per il mondo manifatturiero.

Così il vecchio passaparola può assorbire ulteriore forza da questo territorio che porta in dote anche il suo fascino naturale. I cinesi che hanno dichiarato di voler investire qui e realizzare l’autostrada di collegamento tra Varese, Como e Lecco, sicuramente intendono puntare e fare affari in un’area così altamente industrializzata. Ma non conta proprio niente il poter giocare questa carta in uno dei luoghi più belli del mondo? Portarsi qui, dove il lavoro è creativo e rigoroso, dove la seta e i mobili (ma quanti altri”insospettabili” agli occhi degli stessi comaschi) sanno appagare la sete di bellezza e dove il panorama è musa e ricompensa allo stesso modo.

Tutti motori - lo ricordava a suo tempo il patron di Moncler Remo Ruffini - che insieme possono condurre più lontano questo territorio. Quasi come la Ferrari che per gustarsi un Natale con i fiocchi, guarda caso si è assicurata un verde made in Como.

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@MarilenaLualdi

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