Protesta sbagliata
per tre motivi

Torna di moda anche dalle nostre parti la protesta contro le grandi infrastrutture che si stanno realizzando per colmare un ritardo clamoroso che penalizza le comunità, le società e le economie del territorio. La maniera dei no-tav fa tendenza anche se qui non muove le folle, come dimostra quanto avvenuto ieri a Lomazzo nella marcia contro la Pedemontana.

Ci sono tre buone ragioni per dire che è una protesta sbagliata. A scanso di equivoci non c’entrano per niente la tutela dell’ambiente, l’amore per la natura, l’ecologia e tutto quello che può ispirare chiunque abbia un

minimo senso di responsabilità per il futuro. La protesta è sbagliata primo perchè è viziata da un atteggiamento molto diffuso e conformista che viene sintetizzato con la formula “non nel mio giardino”.

Sono pieni i giornali di proteste di chi non vuole la discarica, il forno inceneritore, la strada, il centro per l’assistenza ai tossicodipendenti, il servizio per la psichiatria e così via, nella sua zona: qui no, dicono. Qui non si può. Se proprio volete, fate quello che vi pare ma da un’altra parte.

Nella manifestazione di ieri, infatti, è stato spiegato che il “no” alla Pedemontana è per fermarla a Lomazzo. E chi lo chiede? Il consiglio comunale di Desio che ha approvato un documento per chiedere alla Regione di bloccarla a Lomazzo perché «farla arrivare sino alla Milano-Meda sarebbe una vera tragedia urbana». Così non è, e così non sarà per fortuna, ma se così dovesse essere pensate che bella idea è partire da Desio e andare a Lomazzo a dire alla gente che abita lì di tenersi «la vera tragedia umana».

Tra i partecipanti alla marcia per dire “no” alla Pedemontana erano presenti alcuni esponenti di Desio e della Brianza milanese che hanno sostenuto che bisogna «interrompere il cammino prima che si colleghi con la Milano-Meda, provocando ancora numerosi altri problemi sia ambientali che viabilistici». Ora come fa correttamente notare il sindaco di Lomazzo Giovanni Rusconi, se la Pedemontana si fermasse lì si innesterebbe sulla viabilità ordinaria e il traffico in uscita confluirebbe su una strada provinciale a due corsie. Se invece prosegue, come previsto, fino all’innesto con la Milano-Meda si collega con una strada statale, una superstrada a quattro corsie: chiediamo a un bambino che cosa è meglio?

La seconda ragione per dire che è una protesta sbagliata la troviamo sul calendario: siamo nel 2014, della Pedemontana si parla da più di cinquant’anni e - badate bene - la concessione ministeriale per la realizzazione dell’opera è la numero 1524 che risale al 31 agosto del 1990, cioè quasi 24 anni fa. L’avanzamento dei lavori ormai è evidente: il tratto fino a Lomazzo è praticamente finito e per il tronco Lomazzo-Lentate si procede, il primo lotto per la tangenziale di Como è oltre il 70%. Chiedere di fermarsi ora sembra un tantino tardi. In questi anni qualcuno evidentemente si è distratto.

Il terzo e ultimo motivo è forse il più importante. Si può protestare per tutto: contro la globalizzazione e l’immigrazione, l’Europa e l’euro, internet e la tecnologia, le automobili e le strade, la violenza e la televisione rinunciando al telecomando, persino contro la democrazia e le elezioni (non partecipando). Tutto è permesso. È lecita anche l’incoerenza: chi è contro l’immigrazione non rinuncia ai benefici del lavoro degli immigrati e non si è visto nessun politico che inveisce contro l’euro invocare di essere pagato con le vecchie lire. Ma arriva un momento, ed è questo, in cui non basta protestare e dire “no” (pensate: il coordinamento della marcia di Lomazzo si chiama”no Pedemontana”). Oggi bisogna indicare soluzioni. Servono idee - credibili, concrete, realizzabili - non proteste, ma proposte.

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