Si ascolti finalmente
la voce di Como

Ormai si è capito che a Como non ci sta praticamente nessuno. L’idea di separare la città capoluogo dal lago e di dividere quest’ultimo in tre ambiti amministrativi diversi, risulta talmente irragionevole da essere riuscita nel miracolo di unire tutto il territorio in una formidabile azione di lobbying potente quanto di rado è avvenuto nel passato. Contrarie le forze politiche, compresi quasi tutti i rappresentanti di Lega e Forza Italia che pure si trovano a sostenere, in Regione, la giunta da cui è partita l’ipotesi di riforma. Contrario il mondo del lavoro (aziende e sindacati) e delle professioni, contrarie le banche locali. Contrarie le voci più significative della cultura e non è, la loro, una posizione di rilievo marginale perché in ballo c’è anche, se non soprattutto, una questione di identità che è cosa diversa dalla difesa del proprio campanile. La riorganizzazione del territorio che si è determinata con la riforma della sanità è la negazione di ciò che siamo e siamo stati ed è inaccettabile per questo prima ancora che per gli oggettivi disagi creati alla popolazione in un ambito, quello della salute, di primario interesse. Se è stato commesso un errore sarebbe una sciagura peggiorare le cose prendendo la riforma già varata a modello per la creazione delle future Province e bene ha fatto il governatore Roberto Maroni, ieri a Villa d’Este per un convegno, a sottolineare che nulla verrà deciso senza tenere conto della volontà espressa dalle comunità locali. Certo, la fama mondiale del Lario continuerà ad esistere anche nel caso in cui diventasse il lago dei tre cantoni ma non c’è ragione di imboccare un percorso in palese contrasto con gli interessi locali.

Poter contare su un sistema amministrativo chiaro e coerente con ciò che viene espresso dal territorio è del resto un fattore fondamentale per lo sviluppo sociale, per la competitività delle aziende in particolare. Siamo di fronte un tema chiave per il futuro di Como, non si tratta di contrastare una parte politica ma di tutelare l’interesse e le aspettative dei comaschi nel loro insieme. Ed è ingiusto catalogare questa come una battaglia di retroguardia, finalizzata a conservare la situazione esistente. Non è così, è diffusa e acquisita la consapevolezza di quanto sia necessario provvedere a una razionalizzazione degli enti territoriali. Significativo, ad esempio, il fatto che Unindustria, al tavolo per la competitività di domani, ufficializzerà la proposta alla Regione di incentivare la fusione dei piccoli Comuni, in particolare di quelli con meno di cinquemila abitanti, nell’ottica di una riduzione dei costi della pubblica amministrazione ma anche in quella di ottimizzare l’organizzazione dei servizi. Si può, nella sostanza, fare meglio spendendo meno e in questo caso sì appare una posizione di puro orgoglio localistico quella di difendere a oltranza l’autonomia anche nel caso di piccoli paesi, poco al di sopra dei mille abitanti. Le forbici vanno usate, ma è bene tagliare lì dove ci sono gli sprechi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA