Tanto amore nella Como
fintamente indifferente

Questa di Valentina è una storia vera. Non lasciamola scivolare tra le tante di questo fine primavera. Ha scritto una lettera così bella che nella frettolosa e oscura quotidianetà brilla come una stella. L’aria e la metrica presa in prestito da una famosa canzone di De André servono solo ad annunciare un messaggio di poetica speranza che sale dalla pura cronaca della vita di una città. È Como.

Non ci si lamenta dell’indifferenza della gente, della chiusura dei vicini, della mancanza di attenzione tra le persone che vivono fianco a fianco in una via? Quante volte si è detto che Como è una città fredda? No, Valentina dice che non è così.

La sua non è un’idea e non è neanche una tesi che esprime uno spirito campanilistico. È la testimonianza di un’esperienza. Come si dice in questi casi, tutti i particolari li potete leggere in cronaca, a pagina 16. Qui riassumiamo: lunedì pomeriggio il padre di Valentina, Alberto, mentre passeggia in strada in zona stadio-hangar, si sente male e si accascia sul marciapiede. Un brutto infarto.

Sentiamo nei telegiornali tristi storie di persone vittime di incidenti o di violenze che vengono lasciate sole e i passanti nemmeno si fermano per accertarsi se c’è bisogno o da chiamare i soccorsi. L’indifferenza sembra la tessera di riconoscimento del nostro tempo. Tanto solidali con chi è lontano, così imperturbabili con il dolore del vicino. Preoccupati anche solo di doversi sporcare le mani o di finire nei guai prendendosi cura di qualcuno che ha bisogno.

Anche a Como potrebbe essere così. Invece no. Non in questo e in tanti altri casi. Quello che racconta Valentina è un modello di relazioni che dà senso al vivere in una città a misura d’uomo, cioè piccola come questa adagiata sulle rive del lago.

«Spesso - scrive Valentina- si dice che viviamo in una società indifferente... che ci giriamo dall’altra parte se vediamo qualcuno avere bisogno. I comaschi, poi, sono ritenuti essere più gelidi di un pezzo di ghiaccio. È davvero così?». Quando suo padre si è piegato a terra colpito da infarto «immediatamente è stato circondato da una decina di persone che si sono attivate in tanti modi per aiutarlo». Chi ha sostenuto lei nella richiesta dei soccorsi, chi ha recuperato un galleggiante per rendere la posizione più comoda, un medico ha recuperato un defibrillatore in dotazione alla piscina. «Qualcuno - dice Valentina - gli è stato semplicemente accanto... con parole confortanti, parlandogli con quella tenerezza che si riserva a chi si conosce da sempre». «Mio papà», aggiunge Valentina, «si trova ancora in terapia intensiva... Mi ha pregato di scrivere queste parole per ringraziare... Queste persone gli hanno dimostrato che non è vero che viviamo in una città indifferente. Anche a Como, la città che lui ama così tanto, siamo ancora capaci di aiutare...».

Non c’è bisogno di commenti. Colpiscono nella lettera alcune parole: “immediatamente” il padre malato è stato circondato dalla gente, le persone si sono “attivate in tanti modi”, “qualcuno gli è stato semplicemente accanto”, “con parole confortanti... con tenerezza”. In queste espressioni troviamo le tipiche manifestazione dell’amore: immediatamente perché l’interesse è veloce, non aspetta; attivamente perché quando si ama non si può stare fermi ma si è mossi verso l’altro; il conforto e la tenerezza gesti delicati come carezze sulle guance.

Il papà, dice Valentina, ama Como e dalla sua Como è stato ri-amato. Una salvezza giunta con le mani e il volto di sconosciuti. Per questo ha chiesto alla figlia di scrivere per ringraziarli tutti. Non sappiamo se chi lo ha aiutato è comasco da generazioni o se è appena arrivato. Non è neppure interessante apprenderlo. Più significativo è cogliere in quei gesti di solidarietà un amore per l’altro, per il debole, per il sofferente e per il malato che da sempre è presente nella storia di questa città. Qui ha manifestato il suo carisma il “santo della carità” don Guanella, da qui sono partiti centinaia di missionari per il mondo, qui sono attive numerose realtà di volontariato che rendono la nostra comunità solidale e accogliente.

Non possiamo però generalizzare. L’uomo è fatto di terra e di cielo. È nella libertà di ciascuno far prevalere l’uno o l’altro elemento. Spendersi per il bene o rimanere indifferenti.

Quello che ci dicono le scienze è che l’ambiente conta molto nella formazione delle persone e nel loro carattere. C’è chi sostiene anche che l’esposizione al bello non solo è benefica come terapia contro certi stati di malattia e di sofferenza. Sembra che trasmetta benessere e doni stimoli a migliorare. La bellezza è un potente motore di bene. L’estetica di Como potrebbe forse dare parziali conferme a queste teorie. Qui, però, più che la scienza conta l’uomo. E, come dice il protagonista di “Centochiodi”, film di Ermanno Olmi, «tutti i libri del mondo non valgono un caffè con un amico» e «c’è più verità in una carezza che in tutte le pagine dei libri». Ecco, la bellezza di Como è tanto nel suo lago quanto nelle mani di quelle persone che si sono affrettate e allungate per afferrare uno che giaceva a terra. Sofferente e sconosciuto. Come loro, un Uomo.

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