Vendere agli Usa?
Triste ma utile

Il palazzo dell’Inps non è più italiano.

Nello stabile che la sigla indica come Istituto Nazionale della Previdenza Sociale in realtà di nazionale resteranno solo i servizi offerti dagli uffici, mentre i muri batteranno bandiera Usa. Sì, perché l’edificio è stato comperato da un fondo americano, che si è portato a casa in un pacchetto dell’importo totale di 200 milioni di euro cinque edifici statali, uno a Como, l’Inps, e altri a Milano, Torino e Genova. Un acquisto come altri che si stanno perfezionando di recente, e che è vantaggioso più che per chi vende, lo Stato italiano, per chi compera, in questo caso per gli americani. Conveniente per il fondo a stelle e strisce perché? Perché dentro c’è Inps che continuerà a pagare un ottimo affitto, pigione che permetterà all’acquirente di contare su un’entrata certa.

In città oltre al palazzo dell’Inps sono in vendita gli edifici statali della Motorizzazione, in via Italia Libera l’agenzia del territorio, in via Tentorio la Motorizzazione civile e in via Regina Teodolinda l’Agenzia delle dogane, tutti edifici sicuri, nel senso che producono reddito attraverso gli affitti. La prima considerazione che si può fare all’indomani della vendita dell’Inps agli americani è che di certo quello stabile non rischierà mai di cadere a pezzi, i nuovi proprietari lo terranno come si deve. E chi lo dice?

Lo dicono i fatti, purtroppo. L’ente pubblico, sia lo Stato o il Comune è il peggior proprietario immobiliare. Gli edifici che possiede spesso sono maltenuti o addirittura abbandonati.

Mancano i soldi, mancano i progetti, manca tutto quello che serve a un proprietario immobiliare. Un privato, forse è il concetto stesso di proprietà privata a fare la differenza, riesce a gestire meglio il suo immobile.

Lo Stato o il Comune no, l’edificio è di tutti e sembra che proprio per questo tutti siano autorizzati a trattarlo male e spesso a ripararlo peggio. Ma a questo punto il discorso si biforca, gli stabili pubblici quando sono in attività vengono spesso trascurati da chi li usa, quindi dai cittadini, e poi finiscono per esserlo da chi li possiede, Comuni o Stato. Gli ultimi per mille motivi, in cui rientra a volte anche la volontà, e poi i soldi che mancano sempre, ma pure la carenza progettuale ha una sua larga parte.

Ci sono esempi di mala o nulla gestione anche in città. Il Politeama per esempio, preso anche dal regista Virzì a modello della decadenza, per poche quote è dei privati, ma il Comune anche quando riuscisse a ottenerlo tutto non avrebbe soldi e progetti per riportarlo in vita, nonostante il pregio storico-artistico che nessuno nega all’edificio.

Ma c’è anche la polveriera di Albate che era dello Stato, è stata acquistata dal Comune e ora è lì abbandonata. E l’elenco potrebbe continuare, fino a farci dire che forse, può non piacere, ma forse sarebbe davvero meglio che gli stabili in disuso venissero acquistati da altri. Meglio se stranieri dicono gli esperti.

Triste? Un po’ sì, ma se Como, come ha dimostrato l’interesse degli americani, è ancora appetibile, allora si vendano gli edifici a chi li può gestire meglio. Il problema è che a volte essi vengono svenduti. Sembra di essere caduti in un canzone di Vasco Rossi, “Faccio il militare”. Canta Vasco: «Come facciamo la guerra dimmi... coi bastoni? Ma io non lo so... io piango e basta. (…) Non siamo mica gli Americani che loro possono sparare agli Indiani».

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