Scarcerato sei mesi dopo
Libero il suocero di Arrighi

Dopo sei mesi di carcere è tornato libero, per decorrenza dei termini di custodia cautelare, Emanuele La Rosa, 65 anni, l'uomo che il primo febbraio scorso aiutò il genero Alberto Arrighi a sbarazzarsi del cadavere di Giacomo Brambilla, freddato con tre colpi di pistola nell'armeria di via Garibaldi

COMO - Dopo sei mesi di carcere, questa mattina è tornato libero, per decorrenza dei termini di custodia cautelare, Emanuele La Rosa, 65 anni, l'uomo che il primo febbraio scorso aiutò il genero Alberto Arrighi a sbarazzarsi del cadavere di Giacomo Brambilla, freddato con tre colpi di pistola nell'armeria di via Garibaldi.
La Rosa, che in tutti questi mesi ha condiviso con il genero anche la detenzione, è tornato nella sua casa di Senna Comasco, sopra la pizzeria del figlio - peraltro riaperta da pochi giorni - dove ha potuto riabbracciare la moglie e tutti i familiari. Non ha avuto sconti, La Rosa: accusato di concorso in vilipendio, distruzione e occultamento di cadavere, si è visto respingere tre istanze di scarcerazione, avanzate la prima già pochi giorni dopo la convalida dell'arresto, le altre nel mese di giugno - quando il suo avvocato inoltrò una richiesta di attenuazione della misura, chiedendo che gli fossero concessi gli arresti domiciliari - e a inizio luglio, in questo caso anche con il parere favorevole della Procura della Repubblica. Non ci fu mai nulla da fare e La Rosa (sul cui destino pesava, e pesa, il primo impietoso pronunciamento del tribunale del riesame, che aveva definito la sua condotta «davvero mipressionante») in carcere aveva finito per ambientarsi, restando sempre vicino ad Arrighi e aspettando che decorressero i termini di legge. Da ieri è, a tutti gli effetti, un uomo libero, sia pure in attesa di processo. Non rischia poco perché, pur non avendo direttamente preso parte all'omicidio ed essendone stato informato dal genero solo a cose fatte, ricorpì  comunque, secondo l'accusa, un ruolo chiave nella vicenda. Quando Arrighi lo chiamò, egli si prestò ad offrire la propria collaborazione senza tentare nulla per ricondurlo a più miti consigli, anzi: la Procura teorizza che gli sia rimasto accanto sempre, e che in fondo il suo livello di coinvolgimento sia sintetizzato nel cartello che proprio il suocero scrisse di suo pugno incollandolo a "presidio" del forno in cui bruciava il reperto più macabro di tutta questa macabra tragedia. E allora: all'epilogo non dovrebbe mancare molto. Arrighi potrebbe chiedere di essere interrogato (è accusato di omicidio premeditato, in pratica di avere attirato Giacomo Brambilla in una sorta di trappola preordinata) poi a settembre la procura chiederà il processo, che potrebbe essere celebrato già in autunno, con la formula del rito abbreviato. Emanuele La Rosa rischia una condanna grave: fino a sette anni di detenzione.

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