E Como paziente trotterella
da un muro all'altro

L'editoriale del direttore Giorgio Gandola

Contenti noi. Celebriamo il primo anniversario della caduta del muro con l'allegria di chi si dà un pizzicotto e si accorge di essere ancora vivo. Siamo ridotti a tanto, in questa bellissima e immobile città, nella quale non si festeggiano le opere realizzate, ma tutt'al più i pericoli scampati.
Cari comaschi, ci è andata di lusso. Se il cane di Innocente Proverbio, con quel delizioso nome da settimana enigmistica, non avesse avuto il bisognino da fare; se il suo padrone non avesse deciso di agevolare la funzione fisiologica del quadrupede con una passeggiata sul lungolago; se non avesse visto l'ecomostro di calcestruzzo apparire dietro gli oblò fatti mascherare da politici che in un telefilm americano sosterrebbero (tutti, sempre) la parte del sergente Garcia; se non avesse scritto al nostro giornale; se noi non avessimo intuito il disastro paesaggistico in arrivo; se cinquemila comaschi non avessero mandato le loro firme in dieci giorni; se il mondo intero non si fosse indignato; se Formigoni non avesse tuonato «Vengo io con il piccone», arrivando poi con i soldi necessari ad abbatterlo; se la Procura non avesse fermato tutto con un'inchiesta. Se tutti quei "se" non fossero andati magicamente al loro posto, oggi da piazza Cavour, invece del lago, guarderemmo un muro di cemento. Uno scempio voluto dal sindaco Bruni, dall'allora vicesindaco Caradonna e da quei tecnici che - per averlo prima realizzato e poi abbattuto - invece di una pernacchia hanno ottenuto pure un bonus di 15.000 euro. Già, le fantasìe perverse vanno pagate.
Chiusa la pratica muro, eccone subito un altro paio a dimostrarci che quello non fu un caso, ma un sistema determinato dalla mediocrità di chi ci amministra.
Quelli di oggi sono muri più sottili, meno ingombranti ma persino più imbarazzanti. Il primo è il muro invisibile che impedisce a tremila operatori della sanità (medici, infermieri, tecnici, amministrativi) di entrare nel nuovo Sant'Anna per mettere in moto un ospedale che rappresenta il fiore all'occhiello della città. E dovrà servire 150.000 comaschi, con attrezzature e professionalità di prim'ordine. Stanno tutti aspettando, medici e pazienti, che i politici smettano di litigare o almeno si spostino. A una settimana dal trasloco, per sindaci e assessori il problema numero uno non è aiutare i cittadini a compiere un cambio epocale, ma definire quanto far pagare loro quando dovranno parcheggiare l'auto all'ospedale. Per chi non conosce il senso della vergogna c'è un prezzo per tutto, anche per la malattia.
Secondo muro, spuntato due giorni fa, è quello che impedisce a Como di avere un'università in cui credere davvero. E' un muro di carta, un muro determinato dal business della cultura. Economia all'Insubria non rende? Chiudiamola. L'operazione è persino legittima, ma impietosa. Un'università non è un ramo d'azienda, o non soltanto. Giurisprudenza è riuscita negli anni a diventare, grazie ai docenti e agli investimenti, un'eccellenza nazionale. Perchè non provare a percorrere la stessa strada? Ce lo chiediamo noi, se lo chiedono gli studenti. E i politici? Loro no, sono nel parcheggio del Sant'Anna a litigare per due euro.

Giorgio Gandola

© RIPRODUZIONE RISERVATA