<Il sorriso di Angelica>
Montalbano in anteprima

Oggi in libreria il nuovo libro di Andrea Camilleri di cui pubblichiamo un ampio stralcio del primo capitolo

Andrea Camilleri

Via Cavour faciva parti del quartieri indove che abitava la genti ricca di Vigàta.
Era stato progettato da un architetto che come minimo avrebbi miritato l'ergastolo. 'Na casa pariva un galioni spagnolo del tempo dei pirati, quella allato era stata chiaramenti ispirata al Pantheon…  Parcheggiò davanti al nummaro tridici, che assomigliava alla piramide di Micerino, scinnì, trasì, a mano manca c'era lo sgabuzzino di ligno e vitro del purtunaru.
«A che piano abita il signor Piritone?».
Il purtunaru, un cinquantino àvuto e stazzuto che chiaramenti praticava le palestri, posò il giornali che stava liggenno, si livò l'occhiali, si susì, raprì la porta dello sgabuzzino, niscì fora.
«Non c'è bisogno che si disturbi» fici Montalbano. «A me occorre solo...».
«A tia occorre uno che ti spacca la facci» fici il purtunaru, isanno il vrazzo dritto col pugno chiuso.
Montalbano strammò e fici un passo narrè.
Che gli pigliava a quello?
«Senta, aspetti, ci deve essere un equivoco. Io cerco il signor Piritone e sono...».
«Vattinni di prescia, senti a mia».
Montalbano pirditti la pacienza.
«Il commissario Montalbano sono, cazzo!».
L'altro s'imparpagliò.
«Davero?».
«Vuoi vedere il documento di riconoscimento?».
Il purtunaru si fici russo 'n facci.
«Maria, vero è! Ora lo staiu arriconoscenno! Mi scusasse, l'aviva pigliato per uno che voliva garrusiare! Mi scusasse ancora. Vidissi però che ccà non abita nisciun Piritone».
Naturalmenti, come a 'u solitu, Catarella gli aviva arrifirito un nomi sbagliato.
«E qualichiduno con un nomi somiglianti?».
«Ci sarebbi il dottor Peritore».
«Potrebbe essiri lui. A che piano?».
«Al secunno».
Il purtunaru l'accompagnò all'ascensori non finennola cchiù di scusarisi e fari inchini.
Montalbano pinsò che Catarella, a forza di dargli nomi di testa sò, un jorno o l'altro l'avrebbi fatto sparare da qualichiduno tanticchia nirbùso.
Il quarantino aliganti, biunno, sicco, con l'occhiali, che gli vinni a rapriri al commissario non arrisultò 'ntipatico come aviva spirato.
«Buongiorno. Montalbano sono».
«S'accomodi, commissario, le faccio strada. Sono stato preavvertito del suo arrivo. Naturalmente l'appartamento è in disordine, mia moglie e io non abbiamo voluto toccare nulla».
«Vorrei dare un'occhiata».
Càmmara di letto, càmmara di mangiari, càmmara dell'ospiti, saloni, studdio, cucina e dù bagni tutti suttasupra.
Armuàr e armadietti con le ante aperte e la robba che c'era dintra ghittata 'n terra, 'na libreria completamenti svacantata e i libri alla sanfasò supra al pavimento, scrivanie e tangèr coi cascioni aperti.
Latri e poliziotti avivano questo 'n comuni quanno perquisivano un appartamento; un tirrimoto di certo avrebbi lassato le cose tanticchia cchiù in ordini.
'N cucina ci stava 'na picciotta trentina, macari lei biunna, graziosa e gentili.
«Mia moglie Caterina».

© RIPRODUZIONE RISERVATA