Tessile, i tanti dubbi
sulla nuova etichetta

Mantero: le norme Ue rischiano di essere penalizzanti per il "made in Como"

Non finisce di far discutere il regolamento per la nuova etichetta "made in", attualmente al vaglio del Consiglio Ue, che impone la tracciabilità dei prodotti importati nel Vecchio continente da paesi terzi. Se nel distretto c'è accordo unanime sulla necessità di una norma in grado di tutelare il consumatore da merci potenzialmente dannose per la salute, c'è invece perplessità sugli effetti di un'applicazione uniforme che potrebbe rivelarsi discriminante per alcuni operatori locali. Infatti, secondo il testo in esame a Bruxelles, dovrebbe essere lo stato dove viene effettuata l'ultima trasformazione ad assegnare l'origine del prodotto.
«Questa disposizione ci può fortemente danneggiare - sostiene Moritz Mantero, presidente dell'omonimo gruppo tessile - Per carenza di laboratori, i pochi rimasti sul territorio sono saturi di lavoro, siamo costretti a far orlare foulard e sciarpe in Madagascar. Si tratta però di un semplice passaggio tecnico, mentre tutta la catena del valore è rigorosamente made in Italy». Se venisse approvato così com'è il regolamento in discussione, sulla confezione dovrebbe quindi apparire l'etichetta con impresso il nome dell'isola malgascia. «Non oso pensare al danno d'immagine - incalza l'industriale - L'orlatura è decisamente marginale rispetto alle fasi di creazione, tessitura o stampa, tutte realizzate sul territorio: è questo know-how da tutelare e promuovere presso il cliente finale».

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