L'amianto sepolto dai boss
Sotto la lente c'è la Ticosa

Spulciando negli atti dell'inchiesta sui numeri di prestigio compiuti con i rifiuti velenosi di altre ex fabbriche da abbattere vengono a galla elementi che gettano un'inevitabile ombra pure sull'ex Ticosa

Como - Che fine hanno fatto tonnellate di macerie - contenenti amianto - frantumate direttamente sul posto nei mesi dell'abbattimento della Ticosa? La domanda, forse, è destinata a rimanere senza risposta.
Anche perché quando la Procura ha iniziato a indagare sulle malefatte della Perego Strade il caso dell'ex tintostamperia, tirata giù nel 2007 mentre le centraline dell'Arpa impazzivano facendo segnare livelli di fibre d'amianto di ben otto volto superiori alla media, era ormai già chiuso.
Eppure spulciando negli atti dell'inchiesta sui numeri di prestigio compiuti con i rifiuti velenosi di altre ex fabbriche da abbattere - leggi il colorificio Lechler di Ponte Chiasso - vengono a galla elementi che gettano un'inevitabile ombra pure sull'ex Ticosa.
A citare i lavori nella tintostamperia comasca sono per primi i carabinieri del Nucleo operativo ecologico di Milano, nella loro informativa inviata alla procura sulle presunte malefatte dellaPerego. La nota si apre proprio ricordando quel cantiere sul quale, nel giugno 2007, proprio il Noe mise i sigilli.
«L'appalto - si legge - prevedeva la demolizione dell'immobile, la separazione del legno e del ferro, la riduzione volumetrica delle macerie».

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