Como: a casa chi sbaglia
Anche nel pubblico

I processi sommari, cioè quelli in cui non è garantito il diritto della difesa, sono il contrario della giustizia. Ma i dipendenti del Comune di Como assenteisti (mettiamo al bando per vicende come questa l’espressione “furbetti”) sono oggettivamente indifendibili. Come potranno giustificare il fatto che dopo avere timbrato il cartellino anziché raggiungere l’ufficio se ne andavano al bar per il caffè? In nessuna maniera, si tratta di un comportamento grave e come tale merita di essere sanzionato. In passato, diciamocelo, di fronte a certe cattive abitudini c’era la tendenza se non a chiudere un occhio, certo a minimizzare. Anche il sindacato, su questo, ha le sue responsabilità. A parole rigore, nei fatti propensione a considerare queste cose come delle monellerie. Di fronte alle pause allegre dei dipendenti pubblici anche dai sindacalisti più seri non si raccoglievano che parole di circostanza: “I problemi sono ben altri”. Già ma con il benaltrismo non siamo andati lontani e la pubblica amministrazione, a cui il ministro Madia sta provando a dare un primo scossone, è rimasta all’età della pietra. Per fortuna la musica sembra cambiata. Nella vicenda del Comune di Como i sindacati, almeno sin qui, non hanno speso una parola di solidarietà nei confronti dei dipendenti disonesti. Ed è positivo che anche l’amministrazione di centrosinistra stia cercando di andare fino in fondo. Dopo avere sollecitato l’acquisizione del video per identificare i protagonisti, la decisione di trasmettere tutto in Procura. Una scelta seria, doverosa perché solo così si tutela la stragrande maggioranza dei lavoratori di Palazzo Cernezzi che non froda sulla pausa al bar. Il rigore è lo strumento migliore per combattere il luogo comune, tanto idiota quanto diffuso nella testa delle persone comuni, che negli enti pubblici si tiri sera grattandosi la pancia e compilando i cruciverba. Non è così, ovviamente, ma per far percepire il buono che c’è, bisogna essere impietosi quando le regole non vengono rispettate. Difficile dire in quale modo i dipendenti assenteisti verranno sanzionati. A sentire il presidente del Consiglio, intervenuto solo alcuni giorni fa su questa materia, si giustifica un provvedimento drastico come il licenziamento in 48 ore.

Forse è stata una battuta buona per la conferenza stampa, sarebbe meglio su materie come queste lasciar perdere gli slogan e tenere un profilo più basso ma concreto. Le regole sono del resto determinanti ma lo è altrettanto, se non di più, la volontà di applicarle. Licenziare i dipendenti pubblici per motivi disciplinari era possibile anche prima della riforma Madia ma ci sarà una ragione se nessuno lo ha fatto. Non basterà una legge a cambiare la pubblica amministrazione, deve mutare la cultura, la mentalità e non sarà un percorso né breve, né privo di contraddizioni.

Di certo, sulla vicenda comasca, non sono immaginabili sconti e c’è da augurarsi che sia usato lo stesso metro per le pause a sbafo quanto per l’inerzia alla scrivania. Quanto ci costano dipendenti e talvolta dirigenti incapaci e incompetenti? A Como si potrebbe scrivere un libro con i pasticci combinati dai burocrati comunali ma loro, i papaveri che spesso pretendono di dettare la linea pure ai politici, spesso impresentabili ma perlomeno scelti dai cittadini, non pagano mai. Anzi è il contrario, in questi anni grami, per tutti e per gli enti locali in particolare, i dirigenti comunali hanno continuato a incassare laute prebende in virtù dei risultati (magri) raccolti. Anche su questo ci vorrebbe rigore e come nel privato applicare la regola che chi sbaglia va casa.

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