I giudici e la rapina di Turate
«Reazione passiva della scorta»

Pubblicate le motivazioni della condanna a Giuseppe Dinardi per l’assalto in A9: «L’imputato era il basista perfetto. L’alibi? Contraddittorio e pure illogico»

Nessun dubbio sulla colpevolezza di Giuseppe Dinardi, condannato a trent’anni di carcere per la rapina da 10 milioni di euro in autostrada. Secondo i giudici, infatti, è «il soggetto dotato di tutte le caratteristiche per fungere da buon basista, professionista esperto in furti di auto, con precedenti per rapina e conoscitore del territorio».

Ma nelle motivazioni che hanno portato al riconoscimento di colpevolezza dell’imputato, i magistrati comaschi non hanno mancato di sottolineare le stranezze di quel clamoroso assalto di due anni fa in A9, all’altezza di Turate.

In particolare nella sentenza vengono riportate le conclusioni dei consulenti tecnici della Procura, i quali hanno sottolineato come «il portone del furgone blindato» sia «stato aperto con la sua chiave e che il taglio delle cerniere è stata un’operazione sostanzialmente inutile, funzionale» solo «a sviare le indagini».

Secondo i giudici «è apparsa quantomeno sospetta la reazione passiva dei componenti del primo furgone, che non sono stati nemmeno in grado di azionare efficacemente l’allarme». Ma le perplessità non bastano a tramutarsi in accusa. E, alla fine, l’unico a essere riconosciuto pienamente colpevole di quella rapina - oltre al bracciante pugliese Antonio Agresti, già condannato anche in secondo grado a 20 anni - è proprio Dinardi.

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