Avantaggiato: «La forte identità
il tesoro di Cantù. Guai a perderla»

Intervista con Paolo Avantaggiato che dopo tre anni da team manager alla Pallacanestro Cantù si congeda non solo dal club ma anche dal basket.

Il team manager Paolo Avantaggiato, alla soglia dei 40 anni, saluta - Cantù e il basket - e se ne va (a ricoprire un nuovo e importante ruolo nel settore comunicazione ed eventi di un’azienda privata).

Per quali ragioni siamo ai saluti?

«Per una scelta di vita, non per approdare in un altro club. Questo è un ruolo al quale devi dedicare molto tempo».

Il gioco non vale più la candela?

«È un bel sacrificio che comunque fai se poi sei anche ripagato. E non sempre queste due variabili vanno d’accordo. Inoltre, vivi un po’ alla giornata perché non puoi permetterti di programmare non dico a tre anni, ma addirittura da una stagione all’altra. Questa incertezza condiziona e il rischio è alto assai. E poi c’è la famiglia e allora arriva un momento in cui non scegli più con il cuore ma con la ragione. Perché la passione, da sola, non ti dà da mangiare. Ci sono le cose belle e le cose buone: ebbene, sinora mi sono occupato delle prime, d’ora in avanti saranno le seconde a caratterizzare la mia vita».

Che Cantù lascia?

«Una volta Basile mi ha spiegato che una cosa che le società devono capire è che le identità delle stesse nascono dalle persone. L’identità tu la dai se chi arriva riconosce che all’interno ci sono dei valori. Valori identitari, appunto. Delle persone che ci lavorano. “Se io torno oggi a Barcellona - ha aggiunto - trovo quelle stesse persone e quello stesso spirito”. Ecco, credo che Cantù non debba mai perdere questo. L’identità attraverso le persone che ci lavorano. La canturinità, appunto».

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