Cantù, nell’inferno di Torino
«Ho sfondato una vetrina
per mettermi in salvo»

In piazza San Carlo. Il racconto di Loris Diamante: «Abbiamo sentito un tonfo e la gente ha iniziato a venire verso di noi»

Como

«Pensavamo che saremmo morti. Che qualcuno potesse arrivare da un momento all’altro con un camion e fare una strage. O far esplodere una bomba. Perché sembrava proprio un attentato. “Stanno sparando, stanno sparando!”, urlava qualcuno. Siamo scappati in una stradina, ma siamo finiti in un vicolo cieco. Io e un’altra persona abbiamo sfondato il vetro di una porta di servizio di un ristorante per poterci barricare dentro. Mi sono ritrovato le mani piene di sangue che non era mio: era della gente che si era tagliata per terra, con i cocci».

Loris Diamante, 33 anni, rappresentante commerciale - fino a qualche mese fa barista in piazza Garibaldi a Cantù - è tra coloro che, a Torino, sabato sera, ha vissuto attimi di terrore

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C’era anche lui nella folla che si è radunata davanti al maxischermo per Juventus-Real Madrid, finale di Champions League 2017. «Abbiamo sentito un tonfo: presumo fosse il cedimento della ringhiera - racconta - È stato un attimo. La gente ha iniziato a venire verso di noi. Ci siamo girati e siamo scappati. Mentre fuggivamo, c’era gente che cadeva. Per quanto possibile, cercavamo di aiutare chi era terra a rialzarsi, come ho fatto con una ragazza a cui stavano calpestando un piede. Tantissima gente ha perso le scarpe nello schiacciamento che si è generato. Assurdo che si potesse entrare con le bottiglie di vetro. Assurdo anche che ci fossero una quindicina di venditori, presumo abusivi, che giravano con le casse di birra in vetro».

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