’Ndrangheta, così i Morabito
volevano conquistare Cantù
tra botte, spari e minacce

Le violenze in piazza Garibaldi legate ai clan calabresi

Le aggressioni, le botte, le violenze e perfino gli spari che dal maggio 2015 e fino a pochi mesi fa sono avvenuti con un’allarmante periodicità nella zona di piazza Garibaldi, a Cantù, non erano episodi di violenza fini a se stessi. Secondo la Procura antimafia di Milano e i carabinieri del nucleo operativo radiomobile di Cantù quelle violenze avevano lo scopo di destabilizzare gli equilibri criminali in città e di consentire alla famiglia Morabito, il cui giovane nipote del capo indiscusso - Giuseppe Morabito detto Tiradrittu - di prendere il controllo della piazza e poter così mettere nel mirino i locali pubblici della zona, tre dei quali chiusi proprio a causa delle minacce e delle pressioni della ’ndrangheta.

I clan calabresi, in buona sostanza, aveva messo nel mirino la città di Cantù per potersi garantire, grazie a un giro di estorsioni e di minacce, la proprietà di alcuni locali tra i più frequentati della zona.

Su La Provincia di oggi quattro pagine sull’operazione

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