Il caso Villari e la brutta legge dei «partiti»

Intanto sulla vicenda sta calando il silenzio

Vedo che dopo gli strepiti della prima ora, il silenzio sta calando sulla vicenda del nuovo presidente della commissione di vigilanza della Rai. Forse i partiti stanno meditando sulle maniere più adatte per convincere il reprobo a dimettersi e dare via libera al candidato convenuto tra tra destra e sinistra: forse si tratterà di un incarico altrettanto prestigioso e comunque in qualche modo remunerativo di una rinuncia che per Riccardo Villari sarà naturalmente dolorosa. Mi domando se la tenacia dell’uomo, che fa politica da molto tempo, non fosse nota a chi lo ha scelto come esca per un posto che alla fine non sarebbe dovuto essere suo. E mi domando se, tutto sommato, non ha ragione lui a resistere: non ha fatto nulla di male, per quale motivo dovrebbe andarsene?

Giorgio Morelli

Il motivo l’hanno spiegato a Villari, con serena ignoranza del pudore, il presidente del Senato Schifani e quello della Camera Fini: i superiori interessi della Repubblica fondata sui partiti. Ed è questo, più di altri, l’aspetto peggiore della storiaccia: cioè che la seconda e la terza carica dello Stato spronino una persona investita d’un ruolo istituzionale secondo corrette procedure giuridiche a dimettersi dall’incarico a causa di sopravvenuti accordi politici. Sarebbe curioso osservare le reazioni di Schifani e Fini se, per fantasticante ipotesi, Pdl e Pd stipulassero un accordo in nome dell’emergenza socioeconomica, varassero un governo di larghe intese benedetto dal capo dello Stato, valutassero l’opportunità - alla luce del clamoroso evento - d’annullare e redistribuire alcune nomine, e chiedessero infine ai citati Fini e Schifani di tirarsi da parte in omaggio alla svolta politica.
Credo che i due insorgerebbero denunciando l’attentato all’intoccabilità del rispettivo e prestigioso incarico, assegnatogli dal Parlamento e non dai partiti. E avrebbero ragione di denunciarlo, come oggi ha ragione di farlo Villari, un ex democristiano che ignora il significato generico della parola dimissioni, e figuriamoci quello specifico relativamente al suo caso. Il resto, ovvero i giudizi morali, ha scarsa importanza quando si valuta nel merito degli atti politici, che - salvo eccezioni - altro non sono se non lotta di potere senz’esclusione di colpi. Villari non è né migliore né peggiore di gran parte del “milieu” partitico: agisce secondo la logica della convenienza. In tutto questo spiace solo che un galantuomo come Zavoli, designato a prendere il posto del riottoso e resosi disponibile a metterci la faccia, rischi purtroppo di rimettercela.

Max Lodi

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