Matteo se si addormenta
rischia di morire

Il bambino ha 7 mesi, è affetto da sindrome di Ondine. Può dormire solo se viene attaccato a un respiratore. Malattia rarissima scoperta in tempo. Mobilitazione su Facebook per aiutare la ricerca 

<+G_DATA>FINO MORNASCO <+G_TONDO>«Facile come respirare», si dice. Per Matteo, invece, respirare non è affatto una cosa scontata. Ogni volta che si addormenta rischia di morire a causa della sindrome di Ondine. Matteo, sette mesi, è vittima di una malattia rara di cui si contano 45 casi attualmente in Italia, e nessuna terapia all’orizzonte. I soggetti colpiti da questa sindrome devono trascorrere le proprie giornate con la compagnia del respiratore artificiale. Matteo lo usa quando si addormenta, perché è a quel punto che a lui scatta la ipoventilazione centrale congenita. «Poche ore dopo la nascita all’ospedale Valduce, un’infermiera ci ha detto che non respirava bene e lo avrebbero portato in patologia neonatale - racconta il papà, Luigi Cappelletti -. Alcune ore dopo mi hanno detto che respirava solo perché era intubato. All’inizio ho avuto un momento di crisi, ma poi sono riuscito a superarlo grazie anche al supporto del personale ospedaliero». Nel suo piccolo, Matteo, ha battuto dei piccoli record. Grazie alla competenza dei medici, è stato il caso più veloce di diagnosi di questa sindrome, avvenuta quando aveva pochi giorni, a dispetto di una media di alcuni mesi. È stato, inoltre, il più veloce a lasciare l’ospedale per tornare a casa: poco più di due mesi, contro circa il doppio degli altri casi. Questo grazie ai genitori che hanno dato un contributo decisivo, imparando velocemente come comportarsi per aiutare il proprio figlio: «Abbiamo trascorso tre settimane in una saletta a parte nell’ospedale - racconta il papà -, dove abbiamo imparato a gestirlo con i consigli dei medici e degli infermieri. Ci hanno insegnato a capire cos’era la sua patologia e come usare il respiratore. Usiamo anche uno strumento che tiene sotto controllo il livello di saturazione del sangue e ci avvisa quando intervenire. Io comunque devo tenerlo sempre sotto controllo per stare tranquillo. Sto predisponendo anche una telecamerina per vederlo quando dorme. La mamma, invece, è un po’ più rilassata».
Proprio lei, Cristiana Botta, ha faticato inizialmente ad accettare la situazione: «Quando il medico mi ha detto che poteva essere una malattia rara, non ci credevo. Ero convinta che la situazione si sarebbe sistemata. Inizialmente la difficoltà era anche di gestire Giorgia, la sorellina di due anni, che ci vedeva a sprazzi». Dopo soli pochi mesi la situazione si è un po’ stabilizzata. L’impegno per la famiglia è gravoso e ha contato molto la disponibilità mostrata dall’azienda in cui Cristiana e Luigi sono impiegati, oltre all’aiuto dei parenti più stretti. Daniela Botta, zia di Matteo, si sta impegnando in un’opera di sensibilizzazione, su Facebook per raccogliere fondi da investire nella ricerca.
Marco Pini

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