A Tavernola 287 profughi, parla il titolare
«Milioni dallo Stato, però non è facile»

Quarta puntata della nostra inchiesta. «Regole dure, se no diventa una polveriera»

In via Conciliazione, nella struttura di proprietà dei Salesiani, oggi vivono 287 profughi. Tutti uomini, età media molto bassa, per lo più arrivati dall’Africa subsahariana. In passato sono stati anche 340. La prefettura lo chiama “hub”, un centro di prima accoglienza: le persone dovrebbero restarci poco, per poi essere trasferite in appartamenti, o comunque luoghi meno “affollati”. A gestire gli spazi è l’associazione Il Focolare, guidata da un ex sacerdote della Diocesi di Milano, Giovanni Mazzoleni. Lo stesso Mazzoleni è titolare della San Giacomo Srl, che si occupa dei profughi in via Grossi (36 alla casa San Giuseppe, 3 all’istituto Santa Croce), nella casa alloggio di Turate (sono 3) e a Monte Olimpino (villa di proprietà in via Bellinzona, 21 ospiti). Il Focolare e San Giacomo seguono dunque tra 350 e 450 profughi, a seconda dei periodi. Nessuno ne ospita un numero così elevato e, di conseguenza, riceve cifre tanto significative dallo Stato (34 euro a testa al giorno).

Alcuni profughi - intervistati da La Provincia - hanno criticato la gestione del centro di Tavernola e da più parti è stato fatto notare come sia da preferire un modello di “accoglienza diffusa” rispetto a quello che porta centinaia di persone sotto lo stesso tetto. «Non c’è mai stato alcun problema - rispondono Mazzoleni e il suo braccio destro Maurizio Sala - Abbiamo solo espulso cinque ragazzi nigeriani perché volevano distruggere tutto. Un contesto del genere, se non stabilisci delle regole dure e non le fai rispettare, diventa una polveriera. Con noi il buonismo resta fuori». Mazzoleni non smentisce le voci sui 60mila euro d’affitto annuo pagati ai Salesiani per l’enorme struttura (hanno un contratto fino al 2017): «Ma non posso dire la cifra esatta». Conferma che intorno all’accoglienza ruotano cifre ingenti: «Ho dovuto mettere una fidejussione da 2 milioni. Il nostro gruppo conta 600 dipendenti, tiro fuori milioni ogni anno, abbiamo case di riposo in Val d’Intelvi e comunità, di profughi abbiamo iniziato a occuparci quasi per caso. Comunque i Salesiani vanno ringraziati, senza di loro ci sarebbe stata la tendopoli al Bassone».

Mazzoleni non ha partecipato alla gara d’appalto (ha ottenuto l’affidamento diretto): «Per un po’ volevo starne fuori, ma mi ha chiamato il prefetto e ha detto che c’era bisogno». Quanto all’idea di aprire un centro all’ex Sant’Anna, acquisendo il padiglione G.B. Grassi: «Quell’edificio sarebbe perfetto, ma ci sono le elezioni comunali...». Il titolare sottolinea che «in tre mesi» ha speso «19mila euro solo per l’acqua» e che «aspetta da Roma i soldi relativi agli ultimi cinque mesi».

Sulle critiche degli ospiti taglia corto: «Enfatizzano gli aspetti negativi. Ma la scuola all’interno c’è, abbiamo 5 insegnanti e 15 sezioni in base al livello, ogni ragazzo fa un’ora e mezza tre volte a settimana. Se poi si rifiutano, non possiamo obbligarli. Teniamo i registri. Abbiamo 25 operatori italiani e 20 ospiti con regolare contratto: fanno cucina, pulizie, mediazione culturale e uno insegna. Li vestiamo, li seguiamo dal punto di vista burocratico, in mensa facciamo un turno per gli africani e uno per gli asiatici visto che hanno gusti diversi. Il problema è che spesso vogliono tutto e subito, non accettano di aspettare per le cure, così ci siamo affidati a un dentista e abbiamo un infermiere. Una volta hanno chiamato l’ambulanza per un mal di denti e li abbiamo fatti pagare, avrebbero dovuto chiamarci e non agire in autonomia. Si lamentano perché non hanno nulla da fare? È un centro di prima accoglienza, miracoli non ne facciamo. Ma gli utili verranno reinvestiti in una cooperativa di lavoro per loro». «I controlli ci sono - conclude - Alle 22 chiudiamo e i poliziotti passano spesso. Sono un po’ preoccupati, la struttura è grossa...».

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